Esclusiva – Abbiamo fatto quattro chiacchiere con il Professor Eugenio Albarella, preparatore atletico con esperienze in squadre importanti come la Juventus e la Nazionale Giapponese.
Vorrei partire da una delle sorprese di questo Mondiale, il Giappone. Realtà che lei ha avuto modo di vivere da vicino. È rimasto sorpreso da questo exploit?
“Faccio sempre fatica a parlare del Giappone perché è stata un’esperienza che mi ha segnato sia a livello professionale che di vita. La loro cultura, la loro disponibilità, la loro voglia sempre di apprendere e di crescere mi sono rimaste dentro. Non sono stato assolutamente sorpreso del loro exploit, anzi, a quel punto, con un po’ più di fortuna, potevano scrivere la storia ed esorcizzare la “maledizione della quinta partita al mondiale”. Dopo anni di crescita, prima tecnica e poi tecnico- tattica, oggi il Giappone non è più una sorpresa a livello mondiale, ma il frutto di programmazione, investimenti e di lavoro certosino. Sono anni che i giocatori giapponesi giocano nei principali campionati europei e in particolare in Bundesliga. A mio parere, in Qatar 22, si sono presentati con la squadra più forte della propria storia per qualità ed esperienza internazionale. Sono riusciti ad esprimere piani gara con una grande resilienza sapendo soffrire di squadra.”
A proposito di sorprese, ma non per lei che l’aveva previsto. Come giudica il fenomeno Marocco in questo Mondiale?
“Sbagliamo se consideriamo arretrati i Paesi che per la loro storia sportiva non sono tra le prime al mondo: il calcio come la vita corre e il Marocco ne è una prova. Nel mio girovagare il mondo, nel 2019, fui invitato dalla Federcalcio marocchina a tenere una conferenza per gli allenatori presso il centro federale dell’Accademia Mohammed VI a Salé. Una struttura all’avanguardia, voluta e finanziata dalla casa reale, con un’area medica riconosciuta come centro d’eccellenza dalla Fifa e con una sportiva e di meeting di primissimo livello. Capii subito che c’era un’importante base e che presto il Marocco avrebbe raggiunto elevati livelli. Quei tecnici avevano voglia di conoscere e apprendere. D’altra parte, l’attuale ct Regragui ha vinto la Champions africana con il Wydad Casablanca prima di accettare la guida della nazionale, a conferma del grado di preparazione.
Dal punto di vista qualitativo, quando hai in rosa 4 giocatori di valore assoluto come il portiere Bounou, Hachimi, Mazraoi e Ziyech,, coadiuvati da tanti buoni giocatori titolari nei massimi campionati europei, nulla ti è precluso.
Poi vi sono fattori extra tecnici, come lo spirito di corpo che si è creato nello spogliatoio. C’è una chimica speciale grazie alla presenza in panchina di un marocchino, che ha sostituito lo slavo Halilhodzic, esonerato nonostante avesse centrato la qualificazione al Mondiale. C’è, una forza morale oltre che tecnica perché Il Marocco è una squadra particolare, con 14 giocatori su 26 che non sono nati in questo Paese. Figli di immigrati, sono rimasti fedeli alle loro origini e hanno scelto di indossare questa maglia. Hanno potuto reciprocamente scambiarsi informazioni grazie alle esperienze maturate in altri Paesi e vi è stata complessivamente una crescita culturale e sportiva.”
Argentina-Francia in finale, chi è la favorita?
“Vedo la Francia favorita, anche se l’Argentina, con le giocate di Messi e lo spirito al limite dell’agonismo sportivo che ha fatto vedere in questa competizione, è l’unica squadra che può davvero mettere in difficoltà i campioni uscenti.
I sud Americani sono cresciuti durante il torneo, adattando il loro gioco sempre sulle caratteristiche degli avversari e facendo leva prevalentemente sulle giocate del loro fenomeno con la maglia numero 10.
La Francia si è confermata la squadra da battere per compattezza, organizzazione e sprazzi di gioco. La qualità della rosa è sotto gli occhi di tutti. Quando annoveri fuoriclasse del calibro di Griezmann, Mbappé e una serie infinita di campioni del nome di Varane, Giroud, Hernandez, Coman, Camavinga, Tchouameni, Rabiot ecc., per non parlare di quelli che sono rimasti fuori per infortunio come Benzema, Pogba e Kantè, allora capisci che i Transalpini sono un Team di livello superiore.”
Domenica si lascia il Qatar e si è vicini alla ripartenza. Quanto è stato e quanto sarà importante il lavoro dei preparatori in questa sosta?
“Il campionato italiano storicamente non è abituato a uno stop così lungo durante lo svolgersi del torneo. Per me, questa sosta, può essere stata un’opportunità per far rendere conto a tutti, in primis agli staff, di quanto siano importanti dei periodi di recupero se si organizzano dei calendari così fitti.
Per i preparatori, è stata l’occasione giusta per rigenerare la squadra, non è un caso che la maggior parte degli allenatori abbiano concesso 15 giorni di riposo con l’obiettivo di recuperare soprattutto sotto l’aspetto nervoso. La programmazione di due settimane di ritiro, per gran parte dei team europei, con diverse amichevoli per conservare il ritmo-partita, hanno avuto la finalità di non sovraccaricare le squadre dal punto di vista fisico perché altrimenti si rischiava di arrivare poco brillanti alla ripresa delle gare.”
Il Napoli era parso un po’ affaticato nelle ultime uscite. Questo stop può aver dato una mano a Spalletti in questo senso?
“Nei dati fisici, il Napoli non mi è sembrato affaticato. Sono convinto però che questa sosta è servita alla squadra di Spalletti per far decantare uno stress nervoso dopo un percorso straordinario nella prima fase della stagione. Poi c’è l’esperienza di Spalletti che nella sua carriera si è più volte reso protagonista di partenze lanciate e questa sarà un’ulteriore freccia nell’arco degli azzurri.”
La sosta allo stesso tempo può danneggiare squadre che, come la Juventus, stavano trovando il giusto passo?
“La storia dice che le squadre di Allegri fanno più fatica delle altre all’inizio stagione. La sosta ha sicuramente danneggiato la Juventus che stava dando continuità nei risultati dopo un periodo difficile nella prima parte del torneo. Sono curioso di vedere questa ripartenza dei bianco-neri dopo il “Pit Stop” mondiale.”
Dove può arrivare la squadra di Spalletti? Può essere l’anno giusto?
“I numeri della squadra di Spalletti parlano chiaro: 41 punti ottenuti su 45 disponibili e una sola sconfitta in Champions League. Parliamo di un ruolino di marcia che rasenta l’eccellenza. Le ambizioni di questa squadra, si potranno misurare definitivamente nelle gare di gennaio contro l’Inter il 4 e Juventus. Il Napoli non può nascondersi, tutti si aspettano, anche alla ripresa, un livello in campo simile a quello della prima parte di stagione. Se così sarà, difficilmente il risultato sfuggirà alla squadra di De Laurentis.”
Quale squadra secondo lei, nella seconda parte di stagione, metterà di più i bastoni tra le ruote agli azzurri?
“Al netto di variabili di mercato di Gennaio, gli infortuni che sono all’ordine del giorno dovuti ai fitti calendari, resto convinto che il Milan resta la maggiore antagonista del Napoli, senza trascurare per qualità d’organico l’Inter.”