Una prospettiva diversa, un approccio scientifico, un modo alternativo di analizzare i fatti.
Questo abbiamo provato a fare in un’intervista al Dott. Giovanni Piero noto psichiatra napoletano, convinti che alla base del momento difficile vissuto dagli Azzurri ci siano anche problemi di tipo psicologico.
È NOTO CHE PER IL RAGGIUNGIMENTO DI UN RISULTATO SPORTIVO L’ASPETTO PSICOLOGICO E MOTIVAZIONALE CONTI QUASI IN EGUAL MISURA RISPETTO A QUELLO TECNICO E FISICO, QUAL È LA SUA IDEA IN PROPOSITO?
Le motivazioni sono un motore potente per la riuscita di ogni impresa umana.
Nello sport la motivazione principale è quella agonistica: la voglia di battere l’avversario in una competizione che simula la lotta per la vita. Vanno poi presi in considerazione anche gli incentivi (denaro, notorietà e gratificazione) che sono parte importante delle motivazioni, in grado di amplificare i comportamenti idonei al raggiungimento dell’obiettivo.
IN UNO SPORT DI SQUADRA COME IL CALCIO QUALI POSSONO ESSERE LE LEVE EMOTIVE SULLE QUALI UN COACH DEVE AGIRE?
Un buon allenatore deve, ovviamente, motivare i singoli ma soprattutto rafforzare la collaborazione tra i membri del gruppo. La vittoria della squadra deve essere vissuta come la vittoria di ogni singolo giocatore, nessuno escluso.
Inoltre l’idea di essere portavoce del desiderio di successo di tanta gente è un’altra spinta a far bene il proprio lavoro (il dodicesimo uomo).
SPESSO IL MISTER BENITEZ ANCHE DOPO RISULTATI NEGATIVI SOTTOLINEA GLI ASPETTI POSITIVI DELLE PRESTAZIONI, QUESTO SECONDO LEI È UN APPROCCIO CORRETTO?
Dopo le sconfitte un allenatore dovrebbe sempre ricordare, incentivare e sottolineare le capacità individuali e del collettivo ed insistere meno sulle dinamiche che hanno causato l’insuccesso.
UNA DELLE ACCUSE CHE VENGONO RIVOLTE ALL’ALLENATORE DEL NAPOLI È QUELLA DI TENERE POCO LA SQUADRA SULLA CORDA…
lo stress non porta da nessuna parte. È una delle principali cause delle sconfitte: inficia la voglia di vincere e compromette la collaborazione spingendo ad una competizione tra i componenti l’equipe. È perciò necessario eliminare o ridurre al massimo l’incidenza degli stress fisici, mentali e ambientali.
QUANDO IN UN GRUPPO CI SONO DEGLI ELEMENTI CHE PER MOTIVI DIVERSI NON MANTENGONO ALTA LA CONCENTRAZIONE COME SÌ PUÒ AGIRE?
Si dice che i rami secchi vadano tagliati, però bisogna veramente essere sicuri che siano secchi e che non vi sia la possibilità di un loro rinverdire.
In questo caso sostenerne la ripresa è una rassicurazione per tutto il gruppo.
LA SOLITUDINE DEL CONDOTTIERO, IN QUESTO CASO L’ALLENATORE DI UNA SQUADRA, IN UN MOMENTO DI DIFFICOLTÀ PUÒ MIGLIORARE LA SUA CONCENTRAZIONE O L’ISOLAMENTO PUÒ FAR SENTIRE I SUOI SOTTOPOSTI FUORI DAL PROGETTO?
Non vi sono dubbi. Chiudersi in se stesso per un allenatore significa escludere il collettivo dal processo di ripresa. Un comandante che si sente solo è un comandante sconfitto. Mai come in questo caso l’unione fa la forza.
CONDIZIONAMENTI AMBIENTALI E PRESTAZIONI: IN CHE PERCENTUALI UN ATLETA PROFESSIONISTA PUÒ ESSERE CONDIZIONATO DAL MAGGIORE O MINORE SUPPORTO DEI PROPRI FANS?
I condizionamenti ambientali non vanno sottovalutati. Nessuno può sentirsi estraneo al proprio ambiente e credere di poter fare a meno dell’approvazione espressa dal contesto. Questo è ancora più vero per chi svolge un ruolo pubblico ed è espressione di un’intera città. È anche vero che la pressione esercitata sui singoli può comprometterne le prestazioni nella convinzione di dover sempre dimostrare il proprio valore, con il conseguente pericolo di voler strafare sbagliando anche le cose più semplici per essere sempre all’altezza delle aspettative. Quindi una squadra che si sente sostenuta dal proprio pubblico, anche nei momenti di difficoltà, sarà una squadra consapevole di esprimere un bisogno di gratificazione che travalica le vicende sportive.
E allora oggi più che mai, diamo ascolto alle parole di Benitez : andiamo avanti tutti insieme SPALLA A SPALLA!