A Radio CRC è intervenuto Andrea Dossena, allenatore ed ex calciatore.
“Lazio-Napoli 4-3? È una ricorrenza che spesso mi ricordano i tifosi napoletani perché era una partita molto particolare. Era molto inusuale giocare alle 12:30 per noi. Ne venne fuori una partita pazzesca. Io aprii le danze, ma Cavani con la tripletta fece il resto. Sono emozioni che ti porti dentro e difficilmente dimentichi le persone allo stadio in festa. Se il Napoli può vincere la Champions League? A me piacerebbe, visto anche il campionato che sta facendo, godermi questo scudetto. Inizierei a capire che sto andando incontro ad un traguardo che manca da oltre trent’anni a Napoli. Sicuramente può gestire la Champions in una determinata maniera, Spalletti può disporre delle risorse nel modo migliore possibile. Il Napoli è da 11 anni nelle zone alte della classifica. Io sarei felicissimo di andare a giocarmi contro le grandi d’Europa una semifinale, poi step by step magari riuscirà nei prossimi anni a giocarsi la Champions. Per quello che sta facendo vedere, il Napoli meriterebbe più di uno scudetto. Se il Napoli avesse fatto una stagione normale sarebbe stato primo a 5/6 punti sulla seconda, invece manca poco che fa il doppio dei punti. Il Napoli è sempre stato abituato a stare in alto, ma vincere è un’altra cosa. Di questa esperienza i giocatori ne faranno tesoro l’anno prossimo quando magari un’avversaria sarà più agguerrita e darà filo da torcere. Sarà tutto più semplice perché l’anno prossimo la pressione non ce l’avrà più. La gara di ritorno contro il Chelsea? Mi ricordo quando Maggio sbagliò il gol all’ultimo minuto all’andata. Parlando con Morgan De Sanctis negli spogliatoi, gli dissi che in Inghilterra tre gol fossero pochi. Al ritorno ce ne accorgemmo, ma arrivò anche un altro allenatore e da lì in poi il Chelsea fece una cavalcata incredibile. L’esperienza conta e anche la storia conta, perché anche mentalmente se vai lì e sai che quella squadra non perde mai, psicologicamente sei condizionato. Un esempio lampante ne è il Liverpool ad Anfield. Siamo giocatori di calcio, ma anche persone umane con paure, difetti ed emozioni”.
Comments
comments