L’Antitrust, come ampiamente pronosticabile, sta indagando in relazione all’assegnazione dei diritti tv della Serie A per il triennio 2015-18, avvenuta nel 2014.
Ieri, il Nucleo speciale Tutela dei mercati, ha iniziato una serie di ispezioni tra Milano e Roma nelle sedi di Sky, Mediaset, Infront Italy e della Lega di Serie A.
L’ipotesi investigativa ritiene che «l’esito finale della vendita dei diritti televisivi, sia stato alterato da un accordo restrittivo della concorrenza avvenuto tra i due competitor televisivi, e che la Lega stessa avrebbe favorito l’intesa fra le Pay-tv in violazione del Trattato dell’Ue».
Questo in concomitanza dell’inchiesta avviata dalla Procura di Catanzaro in cui venivano arrestate circa una cinquantina di presidenti, allenatori, calciatori, ed imprenditori, con l’accusa di aver manipolato e condizionato attraverso accordi, match della serie D e della Lega Pro, con l’aggravante di avere favorito organizzazioni mafiose.
Un doppio fronte investigativo che, come se ne avesse bisogno, scuote l’industria Calcio in Italia, nell’ennesima inchiesta che mina questo settore economico di rilevante importanza nel nostro Paese e, (come se il caso Parma non fosse stato sufficiente) che ha indotto il Premier Renzi a chiedere che si faccia «piena chiarezza». «Ci vuole un po’ di rispetto e serietà – Non è possibile avere dilettanti allo sbaraglio. Il calcio italiano deve cambiare. Non si capisce cosa c’è anche dietro queste polemiche. Io sono contento, ad esempio, che due realtà di provincia, come Carpi e Frosinone, siano andate in serie A. Bisogna che anche i dirigenti del calcio che spesso sono gli stessi in A e B e anche in Lega Pro, capiscano che non si deve abusare della pazienza degli italiani».
Di chiarezza sulla questione dei diritti tv ne serve parecchia. Le indagini sarebbero partite da una serie di notizie giornalistiche del febbraio 2015 ed in particolare alcune dichiarazioni in cui il presidente della Lazio, Claudio Lotito, si vantava di aver fatto «prendere 1,2 miliardi alla Lega di A e di aver fatto parlare Murdoch e Berlusconi».
Analizziamo l’accaduto. Dopo la pubblicazione del bando per la vendita dei pacchetti relativi ai campionati di Serie A del triennio 2015/18, è stata fatta un’asta, il cui esito è stato sorprendente. Sky, per rispondere al blitz di Mediaset premium che qualche mese prima si era aggiudicata in esclusiva la Champions League, per lo stesso triennio, ha tentato di conquistare tutto il campionato in esclusiva, presentando le offerte più alte sia per la piattaforma satellitare che per il digitale terreste. A quel punto è iniziato una vera battaglia, con tanto di diffide, tra le due Pay tv. Con Lega ed Infront a fare da arbitro alla luce della legge Melandri che fa divieto «a chiunque di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette». Di fronte alla prospettiva di un lungo contenzioso legale o di un annullamento della gara è maturato un accordo, grazie l’intervento di Agnelli e Lotito, approvato da 22 club (con l’astensione della Fiorentina), per assicurare ai club incassi comunque superiori del 20% rispetto al precedente accordo.
Questa intesa, oggi sotto inchiesta e contestata dall’Antitrust, prevede che Sky trasmetta tutte le partite di serie A sulla piattaforma satellitare (per un prezzo totale di 572 milioni), mentre Mediaset, sborsando 373 milioni, ha preso il pacchetto con le gare delle migliori otto squadre per il digitale terrestre. Il cuore del patto, era il pacchetto “D”, relativo alle 12 squadre minori, che formalmente era stato aggiudicato da Mediaset che, però, si è impegnata a girarlo in sublicenza a Sky.
L’accordo è stato analizzato e approvato, come da legge, sia dall’Agcom che dalla stessa Antitrust. Le due Autority hanno, quindi, consentito alla deroga al divieto di sub-licenza introdotto dall’articolo 11, comma 6, della legge Melandri (Dlgs 9/2008) nel luglio 2014 su richiesta della Lega. Una precisazione che è arrivata ieri pomeriggio dalla stessa Agcom, che ha sottolineato però «le competenze esclusive dell’Antitrust di verifica ex post del rispetto delle norme in materia di concorrenza».
Infront, l’advisor della Lega, ha dichiarato ieri la propria disponibilità a collaborare con l’Autorità. Mediaset ha ribadito la correttezza della procedura, segnalando come gli accordi definitivi avessero già ricevuto, appunto, il benestare sia di Agcom sia dell’Antitrust, e che nessun operatore terzo è stato discriminato.
Anche Sky è persuasa della bontà del proprio operato.
Tutto è quindi in regola, allora perché indagare?
Sembra di rivivere il film con Totò, che pensando di aver utilizzato denaro falso vuole costituirsi, non avendo, però, mai realmente fatto una truffa, pur avendo prodotto denaro falso.