Eusebio Di Francesco ha parlato oggi in conferenza stampa alla vigilia di Roma-Milan:
Come si riparte?
“Mettendo in campo una prestazione di altissimo livello, non solo fisica ma prima di tutto mentale, fondamentale in questo momento delicato”.
Il Milan sta facendo bene, è in ascesa. Che avversario ha studiato?
“Tre partite fa poteva essere nella nostra stessa situazione, una settimana spesso fa cambiare tutto, i giudizi, i momenti. Ha fatto due ottime prestazioni, giocando una partita difensiva, non sarà una partita facile”.
A che punto è De Rossi?
“Mi auguro che possa dare una prestazione dal punto di vista della presenza, della capacità di stare in campo, di essere il mister dentro una partita. Il dubbio è fisico, perché non ha mai giocato. De Rossi resta un punto interrogativo, ma si è allenato con costanza e ha dato risposte positive anche quando calciava. Ora riesce a fare tutto senza avere dolore”.
È rimasto deluso dal nervosismo di Dzeko?
“Credo che sia stata la parte più brutta di una sconfitta dolorosa, ma Edin ha chiesto scusa a tutta la squadra. Al di là di quello che si può dire, uno che guadagna tanto eccetera, siamo uomini, ha avuto un atteggiamento sbagliato e non deve più succedere. Nelle difficoltà dobbiamo essere più uniti. I primi venti minuti del secondo tempo sono stati i migliori, dopo il 4-1 e l’espulsione l’intelligenza sta nel non prendere più gol. Abbiamo compromesso questo anche per alcuni atteggiamenti. La fortuna è potersi rifare subito, e far capire che può essere stato solo un caso”.
Ha definito la sua squadra “malata”, è sembrata poi agonizzante. C’è qualcosa a cui aggrapparsi?
“Ho detto che non era guarita, è diverso. Le risposte erano state positive, ma cadevamo in alcuni momenti della partita, in cui mancava continuità. Non per forza si deve morire, ci si può anche salvare e tornare ad essere vitali. Capisco la depressione, ma nella vita esiste questo, la forza sta nel ribaltare. In questo momento siamo incudine, subire, star zitti e tornare a essere martello”.
Un anno fa, lei sembrava un blocco unitissimo con la sua squadra e questo si è visto nella seconda parte di stagione. Si sente ancora così?
“Dobbiamo migliorare, ma c’è la voglia di potersi rifare. Mi sento un po’ papà, che in certi momenti non ha dato i consigli giusti, in altri sì. Dobbiamo ritrovare questa unità di intenti e nelle difficoltà non dobbiamo disunirci. Siccome ci siamo ricaduti, è successo prima di Bologna, prima di Plzen, a Cagliari, è risuccesso a Bergamo con la partita di Coppa. Questo ci deve far riflettere, perché non accada più”.
Si cerca sempre un colpevole, lei aveva detto che avrebbe fatto valutazioni. Quali valutazioni ha fatto? C’è una colpa principale?
“La differenza tra me e voi è che io devo trovare le soluzioni. Voi potete giudicare in modo giusto o ingiusto, io devo trovare soluzioni. Credo che in questo momento bisogna essere ancora più uniti e sinceri. C’è un libro che dice che nella comunicazione serve lealtà, qua dentro è difficile, nello spogliatoio è la cosa più importante. È un discorso di unità di intenti, che va riportato in campo. I principali responsabili siamo noi, dobbiamo essere noi a rimediare a questo momento difficile”.
Ünder?
“Penso sia uno degli argomenti meno importanti, sta facendo delle cure, non è ancora pronto, quando lo sarà sarò felice. Sorrido al fatto che oggi mi arriva una lettera che dice che Dzeko non deve giocare, poi su El Shaarawy, poi su Kolarov. Sorrido al fatto che la gente non capisce che abbiamo bisogno di tutti, con difetti e qualità. La capacità è che ognuno riesca a nascondere i difetti del compagno. È un discorso generale”.
Qual è la circostanza ultima che la porterebbe a parlare di dimissioni?
“È una domanda che mi avete fatto dopo Bologna, dopo Plzen, dopo questa, è un po’ scontata. Questo è un ambiente pessimistico orientato, alla fine sono i risultati e le prestazioni che determinano questo, o parlate coi giocatori o si possono fare tanti discorsi e chiacchiere che lasciano il tempo che trovano. È giusto che le facciate. Però le chiacchiere stanno a zero. Fatti, fatti e fatti. Li dobbiamo fare noi, in primis io, che sono responsabile”.