Morgan De Sanctis ha parlato senza alcun velo delle polemiche nate in seguito all’arbitraggio di Juventus-Roma e delle relative speculazioni.
L’ex portiere del Napoli, dalle colonne de La Gazzetta dello Sport, si è soffermato anche su diversi aspetti della sua passata avventura azzurra.
Il “pirata Morgan” esordisce così: «Senta, domani sul giornale voglio leggere tutto quello che le dirò. Non tolga nulla».
«Assolutamente innocente. Io sono consigliere ma di opposizione. La mia componente ha appoggiato Albertini. Evidentemente il calcio italiano non era pronto per un vero rinnovamento. Certo Tavecchio è stato eletto e ora è anche il mio presidente, però fin quando non avremo venti stadi nuovi e nuove leggi non cambierà nulla. Il calcio è lo specchio del Paese, ma la parte migliore del mio mondo restano sempre i giocatori e i tifosi. Ovviamente, con le debite eccezioni presenti in tutte le categorie».
Persino Michel Platini ha parlato delle polemiche seguite a Juve-Roma.
«Ha una visione troppo ristretta, è stato solo juventino. Spero abbia usato l’ironia, visto che ha detto di non aver visto la partita. Ma da presidente Uefa non è stato opportuno parlarne».
«È l’amarezza più grande della carriera. Anche quella una pagina non bella del calcio italiano».
«Qualcuno di noi provò ad opporsi al presidente De Laurentiis, ma subimmo la sua decisione. Fu una cosa sbagliata».
Direbbe Buffon: bisogna anche saper perdere.
«Io e Gigi siamo anziani e forse stiamo perdendo la memoria. Lui poi in carriera ha avuto molti più successi che delusioni. I giocatori della Juve sbagliano a sentirsi perseguitati. Sono uguali agli altri e si comportano alla stessa maniera: l’unica differenza è che in Italia vincono spesso. Come dicono a Torino? “Vincere non è importante: è l’unica cosa che conta”. Dovrebbero aggiungere: “E non ci interessa tanto come”. Non parlo di furti, intendo dire che dovrebbero ammettere di essere stati fortunati e non trincerarsi dietro la tesi dell’accerchiamento. Io a Gigi posso insegnare come si perde; un giorno però spero di potergli insegnare anche come si vince».
Non faccia il santo: lei era nella Juve del 1997-98 che vinse il campionato di Ronaldo e del rigore negato: che cosa pensava in quei giorni?
«Che la sudditanza psicologica esiste. Nell’Udinese devi accettare cose che non sempre si verificano ma non ti sorprendono. Con Napoli e Roma si verificano meno. Sulla Juve occorre fare una valutazione generale: tutto quello che ha vinto nel calcio italiano non è proporzionale a quello che ha vinto all’estero. Ed è un qualcosa che fa riflettere…».
Anche lei mette gli arbitri nel mirino?
«Premesso che, con le giuste limitazioni, sono favorevole all’introduzione della moviola in campo, credo che il ruolo dell’arbitro sia il più difficile. Prima di Calciopoli la classe arbitrale era poco libera nei fatti, l’attuale invece è libera e bisogna concedere loro l’errore. Non c’è disonestà intellettuale, ma purtroppo il sistema italiano si muove con leggi non scritte in cui il potente ha sempre ragione e gli si può concedere tutto».
«L’arbitro arriva lì con 5 assistenti, non ne ha bisogno di altri cinque. Ho ancora nella memoria i flash dopo il primo rigore per il mani di Maicon e dopo il gol di Totti: è assurdo che 4-5 juventini debbano andare a protestare da Rocchi, che è bravissimo. E’ una situazione studiata che usano nei momenti d’indecisione».
Sul pericolo calcioscommesse «Le ultime gare di fine campionato in effetti sono di difficile gestione, ma le cose stanno cambiando dopo l’inchiesta di Cremona. C’è una consapevolezza nuova. Le manette fanno paura».
«Io non l’ ho mai fatto e quelli che a Napoli mi hanno tirato in mezzo li sto perseguendo per legge, ma ammetto che c’è stata superficialità. Chi ha sbagliato però ha pagato. Comunque ben vengano le denunce, tipo quelle di Zeman sul doping. Prima i calciatori si fidavano e prendevano di tutto».
Che farebbe contro il tifo violento?
«È un problema istituzionale: chi fa cose sbagliate deve essere punito. In carriera ho visto società conniventi, ma non creda a chi le dice che prima tutto era più bello. Le cose sono migliorate, ma all’estero sono cresciuti di più e adesso non siamo in vetta».
«Non posso negarlo, e con loro sentivo di non poter avere rapporti liberi. Ma comunque li potrei contare sulle dita di due mani, non di più».
«Sì, è vero. A volte si tratta di saper gestire certe situazioni. Ma non mi piace quando dicono frasi tipo “Tirate fuori le palle” e cose del genere. I tifosi devono sapere che siamo sempre attaccati alla maglia».
«So che forse non servirà, ma io un appello voglio farlo lo stesso. Napoli e Roma sono città che si assomigliano sotto tanti punti di vista e devono tornare ad essere amiche come una volta. Mi dispiace che mamma Antonella abbia criticato Totti. È stata una strumentalizzazione perché Francesco parlava della sua esperienza di vent’anni. Comunque nel nome di Ciro dobbiamo fermare la spirale dell’odio».
«Guardi, la aiuto io. Lo scudetto lo vincono le più forti e noi e la Juve lo siamo, ma a Torino abbiamo dimostrato di essere meglio di loro. Per la Champions faremo il possibile, però la corsa è al titolo. Guardi che non vogliamo arrivare secondi, ma vincere. Possiamo farcela, e l’abbiamo capito dalle loro reazioni».
«La Roma mi ha fatto una proposta e io sto riflettendo, entro dicembre darò una risposta. Vorrei chiudere nel migliore dei modi, altrimenti potrei andare negli Stati Uniti».