Il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere dello Sport in occasione dei suoi 70 anni.
Non è ancora chiaro se la tensione sia cresciuta o se la sua vita sia stata alleggerita con il calcio.
“Io penso che soddisfazioni ne siano state colte e il nostro status internazionale è evidente: mai, a parte l’epoca dei successi di Maradona, il Napoli ha avuto un ruolo internazionale così autorevole. E le indagini a cui abbiamo sottoposto il mercato ci dicono che con l’approdo in Australia e in Oriente siamo arrivati a ottanta milioni di tifosi. E’ un esercito e anche una responsabilità”.
Ripensando alle gioie e ai dolori: le fa male ancora quello scudetto perduto un anno fa?
“Ma no, perché moralmente lo abbiamo vinto noi. Io so che quel titolo è nostro, ci eravamo arrivati con un gioco meraviglioso e unanimemente riconosciuto. Però so anche che nel calcio esistono agenti esterni – non i calciatori, non gli allenatori – che finiscono per essere condizionanti: e quando questi fattori verranno sconfitti e si potrà parlare di credibilità, allora certe cose non accadranno”.
I suoi cicli nel football sono quinquennali…Comincia il quarto.
“Il calcio è sintetizzato nel successo e comprendo le delusioni dei tifosi, so che vincere sa – saprebbe – anche di rivincita sociale. E’ difficile dar torto a chi vive questa passione. Ma so che esiste la sconfitta e va affrontata. Con l’arrivo di Ancelotti abbiamo avviato, in anticipo, la costruzione di questo nuovo ciclo”.
Quel diritto di recesso ha spalancato dinnanzi all’universo-calcio varie ipotesi.
“Direi le più stravaganti. Ancelotti è l’allenatore del Napoli, con un triennale, per ora. C’è chi ha pensato di sparare nel mucchio, aprendo a chissà quale irrealizzabile prospettiva. Io sono contentissimo di lui e lui è felice di stare qua, il 31 ci vedremo a Capri, festeggeremo il suo compleanno”.
Quagliarella è una splendida idea, saprebbe di risarcimento del destino per un uomo che nella sua unica stagione napoletana è stato “annullato” da una vicenda dolorosa.
“E credo che meriterebbe questa occasione. Io penso che non sia una questione economica né per noi e neanche per lui, ma una soluzione romantica per chiudere la propria carriera in quella Napoli che lui, per quello che gli è successo, non ha potuto vivere come avrebbe voluto, e cioè gioiosamente”.
La sua giornata, ieri, è stata ricca: dal summit con Ancelotti, Giuntoli e Chiavelli all’appuntamento al san Paolo.
“Per vedere lo stato dei lavori, che mi sembrano in ritardo, non avendo lavorato con più squadre. Ho incontrato il commissario Basile e Auricchio, il braccio destro del sindaco, c’è una tempistica da rispettare e abbiamo voluto verificare se ciò che va ultimato può essere rapidamente sistemato”.
Il mercato: cioé Lozano, Ilicic e Castagne (per cominciare).
“Ma noi abbiamo una gradualità di interventi: ci sono calciatori in organico di qualità e anche giovani, penso a Ounas, a Verdi, a Diawara, e ce ne sono altri in giro, e penso a Inglese e a Rog ma non solo a loro, da valutare. Bisogna innanzitutto verificare certe situazioni. Ma siamo consapevoli di dover intervenire, ad esempio, in difesa, sulle fasce…A centrocampo non sarà semplice, ma aspettiamo; e in attacco, onestamente, abbiamo l’ira di Dio”.
Il futuro di Insigne dipende da Raiola?
“Insigne ha vissuto un periodo di appannamento, che ha inciso nella sua psicologia. Quando ritroverà la condizione, si sentirà più libero nelle sue giocate. E dopo quell’appuntamento a casa di Ancelotti, presente Raiola, il caso non è più esistito”.
Ma lei – perdoni, ma le voci corrono – ha intenzione di cedere il Napoli?
“Le faccio fare una risata: giorni fa mi si è avvicinato un signore con fare amichevole ma anche circospetto. Sai, Aurelio, ho la possibilità di presentarti un acquirente che avrebbe intenzione di offrire novecento milioni di euro. Ho sorriso e gli ho ribadito quello che ho detto ripetutamente: il Napoli non è in vendita. Non ho nessuna intenzione che si possa correre il rischio di ricreare quelle situazioni che hanno poi portato al declino. Qui c’è soltanto bisogno di un uomo con la capacità di tenere la rotta giusta”.