Tommaso Allocca, partecipante al corso diretto da Bruno Marra, ha ripercorso tutto il cammino in maglia azzurra di Lorenzo Insigne.
Il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette diceva De Gregori, Lorenzo Insigne è lo scugnizzo nato alla porte di Napoli che ha dovuto scalare l’Everest dei pregiudizi ricoperti di scetticismo.
Le spalle forti di certo non devono mancare se vuoi sfondare un muro di false credenze, la voglia e la sfrontatezza neanche. I numeri parlano chiaro oggi come allora: cresciuto nelle giovanili del Napoli , dopo aver militato nelle serie minori, nella Cavese, nel Foggia e nel Pescara ed aver realizzato molti goal (19 a Foggia e 18 a Pescara, ndr) da punta esterna nel tridente si è affacciato nel grande calcio professionistico.
Sempre convocato nelle squadre Nazionali nel Napoli ha totalizzato in 151 presenze 27 reti e 37 assist.
Impiegato anche come esterno nel 4-2-3-1 nella gestione tecnica di Rafa Benitez ha mostrato buona duttilità tattica. In questa stagione nel ruolo a lui più congeniale di punta esterna del tridente sta facendo cose importantissime: 28 presenze, 11 assist e stesso numero di goal.
Molti provini ha dovuto sostenere, non solo in campo ma anche nella vita il piccolo Lorenzo.
Molti allenatori gli dicevano che non avevano bisogno di lui. Quello che pensavano a vederlo così minuto e gracile era poco lusinghiero. Poi se lo vedevi giocare eri costretto a ricrederti, a sgretolare una muraglia cinese di luoghi comuni nel vedere una prima finta, un tiro, un assist ,un dribbling ubriacante, una veronica.
Ci voleva poco a capire che uno così nasce ogni venti anni. Tutti a salire sul carro, principale sport nazionale e non. Si fa presto a dire senza pudore “Io l’avevo detto”. Genio assoluto.
Eppure un metro e 64 centimetri di altezza non sono sempre il miglior biglietto da visita per chi vuole fare il calciatore a parte illustri eccezioni. Il calcio è uno sport per duri, l’atleticità vince sul talento, il metodo predomina sull’arte, l’invenzione. “Con quel fisico dove va? E’ un fuscello, si smaterializza al primo colpo di vento”, era impossibile non pensarlo.
Eppure di tempo ne è passato e lui è ancora qua, ed oggi come allora, come un Rambaudi, un Signori o un Baiano dai tempi di zemanlandia dispiega le ali e vola sui campi di gioco.
Gli avversari lo rispettano , lo temono, lo raddoppiano e lo triplicano riconoscendo in lui la principale fonte di pericolosa imprevedibilità. L’uomo che da un momento all’altro come un Del Piero, un Maradona può estrarre il coniglio dal cilindro. Il terreno, l’erba di gioco è il suo habitat naturale, come il ballo per Nureyev.
La tecnica e la classe però non sono tutto, Lorenzo da sempre sa che deve correre, combattere, perchè quelli come lui nella propria terra devono faticare il triplo a dimostrare ed a scardinare dicerie. La verità in fondo è che nessuno ti regala niente per dirla alla Biagio Antonacci.
Lorenzinho non è solo talento, quello te lo dà madre natura, il resto è frutto di umiltà e lavoro. Di tempo ne è passato, appena un anno dai fischi feroci piovutigli addosso dalla sua gente nel preliminare Champions contro il Bilbao. Si era divorato un’occasione enorme ed era apparso svogliato, appagato di sé secondo il giudizio dei napoletani. Chiunque avrebbe mollato e lui ci ha pensato, i pretendenti non gli sono mai mancati.
Ci sono momenti in cui devi essere uomo prima che giocatore, rimboccarti le maniche e ritornare uno scugnizzo, dimenticarti di essere idolo, una rock star, tornare uno del popolo. Il tempo è galantuomo, di tempo infatti ne è passato ed oggi più di allora si sprecano i paragoni tra Lorenzo Insigne ed i più grandi della scena calcistica mondiale.
Si attende solo la definitiva consacrazione con la maglia della Nazionale e di certo qualche titolo con la squadra di club accrescerebbe la sua valutazione a livello internazionale. Forse è una tautologia, perchè il piccolo grande Lorenzo a pieno titolo nell’Olimpo degli dei calcistici ci è già entrato di diritto.