Antonio Corbo, nel suo editoriale per Repubblica, ha commentato il momento del Napoli dopo il pari contro il Salisburgo.
“Nel gioco delle tre parti tocca ad Aurelio De Laurentiis riaprire il giro. La squadra la scorsa notte si è rifiutata di tornare in ritiro dopo il pareggio di Champions con il Salisburgo. Insigne, sembra affiancato da Allan, ha reagito con parole dure come una sfida. “Devi dire a tuo padre che noi torniamo a casa”. Il vicepresidente Eduardo De Laurentiis aveva appena invitato i giocatori a preparare i borsoni. Davanti agli spogliatoi c’era già il pullman con il motore acceso, destinazione Castel Volturno. Ancelotti, che prima della partita aveva detto di non essere d’accordo sul ritiro, ha ripreso la sua valigia per seguire la disposizione della società. È tornato in ritiro. Coerente con la sua linea. “Non sono d’accodo, ma bisogna accettare l’ordine della società”. È tornato con tutto il suo staff. Si è quindi escluso dallo scontro. Le altre posizioni sono chiare. Società contro squadra, presidente contro Insigne portavoce della rivolta, tifosi contro tutti, per la prima volta sono critici anche verso i giocatori. Stavolta sono indignati. Professionisti con guadagni milionari che non tollerano qualche notte in un albergo 5 stelle? Il pubblico cede al disamore, con danni rilevanti per la società. De Laurentiis adesso ha il ruolo più delicato. Deve proseguire nella sua strategia. Deluso dai risultati, era già intervenuto con una intervista choc nei confronti di Insigne. Gli era stato riferito di un battibecco tra Insigne e l’allenatore. Il gol vittoria di Salisburgo e l’abbraccio sancirono la pace tra i due. C’erano ancora tracce di rancore da parte di Insigne, riteneva di essere stato offeso dal presidente, considerato meno di un bambino di enigmatico futuro. “Decida che cosa vuol fare da grande”. Insigne ieri sera, da capitano, si è rialzato per sfidare il presidente a nome della squadra. “Dì a tuo padre che noi non andiamo in ritiro”. Avrebbe anche annunciato l’intervento di legali nella vertenza. Si era intanto scisso Ancelotti dalla rivolta, spezzando fatalmente l’asse con la squadra. È il terzo polo. Il Napoli si è così sfasciato, rivelando tutte le tensioni che lo avevano segretamente turbato negli ultimi mesi. Le lunghe e irrisolte trattative per il rinnovo dei contratti, la volatilità di umori tra giocatori alternati in un frenetico turnover, le perplessità del presidente sui metodi di Ancelotti giudicati troppo morbidi al confronto di Sarri e Conte. Nella polemica dopo l’arbitraggio di Napoli-Atalanta, non sembrò neanche casuale il passaggio su Ancelotti: “Se vuole andare in Inghilterra lontano da questo calcio io non lo fermo”. Da stanotte il presidente studia la sua mossa. Qualcosa di clamoroso. Non può non farlo. Arrendersi alla rivolta di giocatori ammutinati sarebbe impossibile. Per la credibilità della sua presidenza alla svolta dei primi 15 anni, per l’integrità del club che vola ad alte quote, per l’irruenza del suo carattere. Non può neanche dimenticare che la stagione è solo all’inizio, con prospettive da difendere nell’attuale Champions e nella prossima. Ha una tripla responsabilità. Contenere i danni senza arrendersi, rilanciare il Napoli, scegliere una soluzione decisamente autoritaria. Nei confronti della squadra è automatica una pesante multa in percentuale con i rispettivi guadagni, aprendo la vertenza. Si prevede una aspra battaglia presso il Collegio arbitrale del tribunale di Napoli. Ha intanto restituito i poteri ad Ancelotti: ritiene che sia in grado di riprendere con fermezza e lucidità i comandi per portare il Napoli oltre il caos. Ma Aurelio De Laurentiis dovrà essergli accanto. Almeno fino a maggio. Per la prossima stagione si vedrà”.