Antonio Corbo, noto giornalista, nel suo editoriale per il quotidiano Repubblica ha analizzato i movimenti di mercato di Juventus e Napoli.
“La Juve cercava Guardiola. Poi Klopp. Ma fino a ieri aspettava Sarri, terza scelta. È andato Paratici a Londra per slegarlo dal Chelsea, dopo il primo dei tre anni di contratto. Nessuno fa drammi per il precoce addio dell’allenatore convertito alla cravatta, dopo la tuta che portava come un saio, simbolo di monaco laico e ribelle. Londra non si accorge neanche dello strappo di Eden Hazard, passato al Real Madrid, figuarasi di Sarri. Ma che la Juve quotata in Borsa abbia la panchina vuota dal 17 maggio è il segno di tempi che cambiano, non è più il club vincente e perfettino, formale e protetto. Neanche il Napoli, eterno secondo, si scuote dai suoi torpori. De Laurentiis fissa i tempi del mercato, “prima vendo poi compro“. Ancelotti riposerà fino al giorno del ritiro fissando dalla sua villa di Vancouver il Pacifico. Il Napoli lascia troppe questioni irrisolte: mercato e preparazione da correggere, avendo perso 17 punti su 33 tra febbraio e aprile.
Né la Juve né il Napoli si accorgono dei rischi. Deluse e ferme. Concedono un vantaggio enorme all’Inter rianimata dall’effetto Conte. La scelta di Sarri è stata divisiva, come sarebbe stata la conferma di Allegri, allenatore dei cinque scudetti, terzo per vittorie nella Juve di tutti i tempi dopo Trapattoni e Lippi. Non fa meglio il Napoli: giusto che non acquisti prima di vendere per evitare che si svalutino i doppioni, ma dopo 15 anni il piano industriale manca. Non c’è una idea di futuro. Sarri e Conte cambieranno molto, ed il Napoli? Poteva dare Ancelotti una scossa per recuperare i tifosi perduti. Se il calcio è impresa, non si può definire “positivo“ un secondo posto con la fuga di 271.767 spettatori. La media-partita è precipitata da 43.072 a 28.798. L’Inter reagisce: buttato fuori un allenatore dall’accento suadente ma prolisso come Spalletti, dopo ben 61.423 presenze a partita. Si dirà che a Milano si vede meglio, che lo stadio si raggiunge bene senza i bizzarri servizi della metro, che c’è più rispetto in curva per chi è estraneo ai gruppi di quartiere; ma non può passare sotto silenzio che Napoli abbia il settimo botteghino del campionato dopo Inter, Milan, Juve, Roma, Lazio e Fiorentina. In queste cifre si annida quel virus che tormenta il confronto fra Sarri e Ancelotti.
Si può capire il malumore di De Laurentiis. Ha assunto lo scorso anno uno dei migliori allenatori del mondo per vincere o per fondare un gruppodi lavoro pacioso come il Mulino Bianco o pio come Famiglia Cristiana? L’interrogativo incrocia il tema urgente del Napoli: che cosa la società vuol dare ad Ancelotti per spiccare il volo e che cosa Ancelotti chiede per riportare la squadra ad alta quota, i giocatori ad una resa atletica e tattica eccellente, spettacolo e tifosi allo stadio?
C’è un punto fermo da individuare. Insigne è l’immagine dell’Inutile, il leader vittimista e non riconosciuto, subalterno a Mertens oppure è il talento luminoso rivisto nella Nazionale di Mancini? Se è il giocatore restituito a se stesso, allora discutiamo: va affidato nelle mani grassocce dell’agente Raiola che lo offre ovunque, oltre che al Paris Saint German o va trattenuto? E se la seconda soluzione è sempre quella che prevale, c’è un’altra domanda: si lascerà Insigne a sinistra come lo creò Zaman in un 4-3-3 o sarà sacrificato in un 4-4-2 anomalo? È possibile un 4-2-3-1? Ecco, è il momento di sognare bel calcio. Basta cominciare a parlarne. Carletto, ci proviamo?”.