Il giornalista Antonio Corbo, nel suo editoriale per il quotidiano Repubblica, si è soffermato sulla vittoria del Napoli:
Il campionato del Napoli ricomincia da un bacio. Un attimo che può valere un anno. Ancelotti dopo la rituale stretta di mano si curva sul piccolo Insigne appena sostituito. Gli scrive sulla fronte il suo grazie. Gesto insolito, ma plateale e pieno di motivi. Non aveva mai sentito così sua la squadra, nello scorbutico monello riconosceva finalmente il leader, nel gol che segnato appena due minuti prima vedeva l’inizio di una storia nuova.
La vittoria sulla Fiorentina, sofferta ed emozionante, ha significati profondi. Cancella i ricordi di uno scudetto perso per quattro punti, proprio 4 ne aveva sottratto Pioli ai 91 del secondo posto. Ma stavolta è fallita la sua missione: ha rinunciato all’attacco sperando di inchiodare il Napoli in un roccioso centrocampo. Ma la vittoria spazza anche precoci malumori, il brutto clima che lascia vuoti due terzi di stadio. Dissolve infine quel virus di polemica nostalgia che si traduce nel “sarrismo”, una parola che senza questa vittoria poteva pesare come una croce. Con un’accorata partita il Napoli si salda invece al suo allenatore. I giocatori più rappresentativi si collaborano a tutte le alchimie tattiche di Ancelotti, agli audaci cambi, all’ennesimo modulo.
Con solo il rientro del portiere Karnezis che sembra anche ai compagni più affidabile di Ospina, il Napoli entra con un 4-4-2 inedito che crea densità proprio a centrocampo, vietando alla Fiorentina il suo stratagemma lacerante. Il movimento della prima punta Simeone a sinistra per creare un canale centrale di ingresso a Benassi, mediano destro di inserimento, con Chiesa che si allarga a destra. Il giochino non riesce perché Koulibaly, falloso all’inizio e poi lineare e puntuale, cancella Simeone. Perché Allan che ancora una volta gioca per quattro tampona ovunque. Perché Callejòn arretrando a destra nel 4-4-2 copre una zona molto estesa. Se la Fiorentina fa registrare un solo tiro nello specchio della porta, un motivo ci sarà.
È semmai il Napoli a trovare una chiave interessante. Insigne abbandona Milenkovic alla sua oziosa serata per allargarsi in linee orizzontali senza essere mai marcato. Un compito che Insigne esegue bene, risultando tra i migliori, non solo per il perentorio gol della vittoria, su illuminante assist di Milik che gli apre un varco, Milik che a sua volta valorizza una intuizione di Hamsik, un taglio di trenta metri in diagonale offensiva metri come nel suo migliore repertorio.
Tra le note positive anche la sua presenza non interrotta dall’ennesima sostituzione. Sarebbe stato tutto più facile, se Mertens schierato da apripista con Insigne punta avanzata del 4-4-2 fosse stato più rapido e incisivo; se Zielinski avesse tradotto con maggiore precisione il suo esuberante dinamismo; se più concentrato fosse arrivato in zona tiro Callejòn. L’ingresso di Milik su Mertens, primo dei cambi di Ancelotti, ha dato spessore al 4-4-2 e meglio ispirato Insigne in una ripresa giocata tutta nella febbrile ricerca di un gol. Interessante anche il contributo di Ounas che riporta il modulo al 4-3-3 con due effetti.
Otto minuti dopo, l’idea dell’allenatore è premiata dal gol di Insigne. Ed è evidente nel finale il beneficio. La mobilità di Ounas è una bombola d’ossigeno per compagni affaticati. Non per Koulibaly, più tonico con il passare dei minuti né Maksimovic, ma Hysaj indaffarato e soprattutto Mario Rui, attaccato da Chiesa ma quando i tre punti erano già in banca.