Domani, mercoledì 12 settembre, sarà il giorno del giudizio per il Chievo Verona, accusato di aver falsato i dati sui ricavi e sul bilancio.
Mercoledì 12 settembre sarà una giornata cruciale per il Chievo Verona. Domani infatti andrà in scena l’udienza, davanti al Tribunale Federale Nazionale, per il caso plusvalenze. Dopo il nulla di fatto in estate, i veronesi si troveranno a dover replicare alle accuse formulate dalla Procura Federale.
In particolare, l’accusa è quella di “aver contabilizzato nei Bilanci al 30 giugno 2014, 30 giugno 2015, 30 giugno 2016, 30 giugno 2017 e nelle situazioni semestrali al 31 dicembre 2014, 31 dicembre 2015, 31 dicembre 2016 e 31 dicembre 2017 della Società AC Chievo Verona Srl plusvalenze fittizie per complessivi € 25.380.000 e immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo consentito dalle norme che regolano i Bilanci delle Società di capitali per complessivi € 23.850.000, condotte finalizzate a far apparire un Patrimonio Netto superiore a quello realmente esistente alla fine di ciascun esercizio e di ciascun semestre, così da ottenere la Licenza Nazionale e l’iscrizione al campionato di Serie A delle stagioni 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018 in assenza dei requisiti previsti dalla normativa federale”. Plusvalenze realizzate attraverso la cessione di giovani calciatori al Cesena, spesso in scambi con altri giocatori provenienti dalla stessa società romagnola, come svelato dal giornalista di Calciomercato.com Pippo Russo in diversi articoli.
Il primo procedimento, in cui la Procura Federale aveva chiesto quindici punti di penalizzazione e, di fatto, la retrocessione in B dei clivensi, si era chiuso con l’improcedibilità per la posizione del Chievo per un vizio procedurale. Ora la Procura torna all’attacco.
La difesa del club veronese, tuttavia, punta l’attenzione in particolare modo sulle valutazioni e sull’effettivo impatto a bilancio delle operazioni realizzate. Una difesa che la società gialloblu ha affidato ad una consulenza tecnica di due professionisti come Angelo Provasoli, ex rettore della Bocconi, e Pietro Mazzola.
La perizia, in sostanza, dimostra come le plusvalenze realizzate abbiamoavuto un effetto più modesto rispetto alla somma indicata dalla Procura, frutto di un calcolo errato. Secondo i due professionisti, la tesi dello staff del procuratore Pecoraro è sbagliata: la Procura sottolinea come in ciascuno scambio, la società avrebbe migliorato il suo patrimonio iscrivendo ricavi superiori a quelli effettivamente realizzati e, al tempo stesso, rilevando i nuovi diritti acquisiti ad un valore superiore al reale.
“Tesi errata – si legge nella consulenza -. Le operazioni di scambio di cui si discute modificano una volta sola il patrimonio netto, per un importo pari alla plusvalenza asseritamente fittizia evidenziata con la cessione del giocatore”. “Quand’ anche – proseguono Provasoli e Mazzola – l’asserito effetto dell’operazione di scambio fosse quello di simulare il realizzo di una plusvalenza, l’effetto migliorativo non potrebbe che essere pari al valore della plusvalenza che si iscrive nell’ambito dell’operazione e non al doppio di tale valore”, cioè come indicato dalla Procura. Un “errore di duplicazione”, così viene definito dai professionisti scelti dal Chievo. Calcolo che, secondo la perizia, viene ulteriormente sottolineato nelle analisi relative al presunto effetto migliorativo sul patrimonio netto.
Un’analisi in cui i tecnici della Procura riducono due volte il patrimonio netto, inizialmente per il mancato incasso della plusvalenza e in seguito per lo storno dei diritti dei calciatori, iscritti tra le immobilizzazioni immateriali. Secondo Provasoli e Mazzola, tuttavia, non c’è stato alcun aumento del patrimonio netto per le ragioni di cui sopra: per calcolare l’effettivo impatto sul patrimonio, avrebbero dovuto eliminare dall’attivo i diritti acquisiti e dal passivo i debiti contratti per acquistare i giocatori, con impatto nullo sul patrimonio netto.
La consulenza, infine, conclude sottolineando che “le rettifiche del patrimonio netto del Chievo Verona operate dai Consulenti della Procura” risultato essere “complessivamente sovrastimate per 29,22 milioni” (considerando anche la mancata considerazione degli effetti fiscali), ovverosia una cifra maggiore rispetto a quella per cui il Chievo è accusato.
La partita per i clivensi davanti al Tribunale Federale si giocherà soprattutto qui, ma la difesa punta anche su altri due capisaldi. Innanzitutto la metodologia per il calcolo del valore dei giocatori, che la Procura ha individuato in 50mila euro ciascuno: una cifra a cui si arriva, secondo il Chievo, utilizzando parametri errati. La valutazione infatti si basa soltanto su elementi legati alla carriera successiva dei calciatori e non su quelle che erano le possibili prospettive future al momento dell’acquisto-cessione.
Infine c’è la questione Covisoc. Pochi giorni dopo la ricezione della convocazione per la precedente udienza, infatti, il Chievo ha ricevuto l’ok dall’organo di controllo sull’equilibrio economico-finanziario per quanto riguarda i bilanci e l’iscrizione al prossimo campionato. Un fatto che, secondo i clivensi, contraddice l’intera indagine della Procura Federale.
Fonte: calcioefinanza.it