Umberto Chiariello ha pubblicato sui proprio profili, una lettere al presidente Aurelio De Laurentiis.
“Gentile Presidente,
In questi giorni in molti, dai più noti ai più sconosciuti, con toni vari, si accingono a scriverle lettere aperte, risentite o meno.
Non intendo accodarmi a questo andazzo, tra l’altro provocato dal giochino del “Vero o falso” che De Maggio ha inscenato su Radio Kiss Kiss ed a cui Ella non si è sottratto, rispondendo da par suo, e facendo molto rumore (per nulla, in fin dei conti, mi andrebbe di pensare riandando al mio adorato Shakespeare).
Io mi permetto di scriverle e di rubarle qualche attimo del suo tempo, se mi onorerà della pazienza di leggermi, non certo per polemizzare o ribattere qualche sua affermazione (non è vero che non avete contattato Cavani), anzi le chiedo solo di ascoltarmi perché sento il bisogno di parlare a “cuore caldo”.
Io in fin dei conti me lo posso un po’ permettere, perché sono al di sopra delle parti, considerando il gioco dell’estate della “bufala” premiata con un eduardiano pernacchio, essendo stato insignito due estati orsono della “Bufala d’Oro” per aver avuto un “sogno di una notte di mezza estate” (sempre Shakespeare che ricorre) ed aver visto Cavani all’Hotel Vesuvio convinto che il Matador tornasse tra noi.
Mi sono guadagnato il titolo di “The Illusionist”, al punto che il mio profilo Facebook ancora porta questa splendida immagine grafica che un tifoso mi ha regalato.
A nulla vale, ora per allora, ricordare la telefonata del nostro comune e compianto amico Vittorio che mi disse di quanto fossi andato vicino al vero.
Cavani in hotel non c’era ed al Napoli non tornò, e “bufala” fu.
Quindi, anche per i miei trascorsi battipagliesi, ormai dall’alto del mio magistero “bufalaro” mi posso permettere frigido pacatoque animo di darle alcuni brevi suggerimenti, partendo proprio da quella fake news indottami da un informatore sbagliato e da me non attentamente verificato.
Pur dispiaciuto per la figura fatta, pur mortificato per quelle persone che hanno creduto in me quella notte ed a cui ho tolto il sonno, la sorprendo nel dirle che rimane per me un bel ricordo? E sa perché?
Un po’ per vanità personale: ho capito quanta gente crede in me e nelle mie parole, quanta credibilità ho acquisito in tanti anni di TV (ahimè, ormai sono un decano della televisione campana), se in 500 e più si sono precipitati davanti all’albergo in piena notte al punto da far parlare giornali e telegiornali il giorno dopo. E, nonostante tutto, ancora in tanti mi credono nonostante il clamoroso scivolone.
Ma non è questo il motivo per cui le chiedo di concedermi udienza. Quella notte un fornaio di San Giovanni a Teduccio, nel pieno del suo lavoro, ha abbandonato il forno ed è corso sul lungomare.
Quella notte il fornaio, con me al computer, con 500 eroi (per me tali sono, per altri fanatici, ma non li ascolti i professori con la puzza sotto al naso) sul posto, e migliaia nei salotti virtuali, abbiamo avuto una notte d’amore, abbiamo agognato il ribaltamento delle gerarchie, di poter rendere la pariglia a quella società potente che ci aveva scippato l’uomo dei record ed anche i sogni.
Io quella notte ho fatto l’amore, Presidente, con tutta Napoli, per il Napoli che amo da bambino, e per il quale ho pianto (tanto) e gioito (poco).
Non ce l’ho con Lei, anzi la comprendo quando si meraviglia che non le vengano riconosciuti i giusti meriti.
Lei davvero ci ha presi che eravamo diventati il nulla, e stavamo per essere divorati dalla fauci di Gaucci, come dire che al peggio non c’è mai fine.
E grazie a Lei io, come tutti i napoletani, ho potuto rivedere calcio vero e calciatori straordinari, riscoprire l’orgoglio di tifare Napoli, avvilito da anni di basso medioevo, e poter offrire a mio figlio una squadra di cui andare orgoglioso.
Non le dirò mai “caccia ‘e sord”, perché capisco e condivido la sua filosofia gestionale di scovare prospetti importanti e farli diventare campioni a Napoli per poi, dopo un triennio-quinquennio, realizzare quelle risorse che permettano al Napoli di migliorarsi costantemente.
Del resto, questa è la filosofia di tutti i grandi club d’Europa, nel cui consesso a pieno diritto il Napoli ora appartiene grazie alla sua gestione, che non siano gli inarrivabili top club quali Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco, Manchester United, Juventus, a cui si accodano i club dei ricchi oligarchi e sceicchi quali il City, il PSG o il Chelsea.
Così fan tutte, e non mi permetto di scomodare Mozart: il Borussia Dortmund, le spagnole Siviglia e Atletico Madrid, l’Arsenal, le portoghesi Benfica e Porto, tutte grandi outsiders d’Europa: vendere per comprare per vendere, e nel frattempo crescere e possibilmente vincere qualche titolo erodendo qualcosa ai cannibali.
Tertium non datur, questa è la strada maestra e chi non capisce, pazienza.
Come fa nulla se la gente, che non ha la competenza per capirlo (e lei spesso lo rimarca invitando i tifosi a fare i tifosi e basta), se la strada virtuosa che porta a competere ad alto livello è il Salary Cap, che permette un rapporto virtuoso tra costi e ricavi, l’unico fattore di successo possibile e praticabile se non si hanno alle spalle soldi di dubbia provenienza estera o gruppi industriali.
Pazienti se la gente non capisce che Ella ha spinto al massimo il motore di questa macchina passando dal 2007, quando siamo tornati in A, con un monte-salari di 27 milioni, ad uno che oggi supera i 100 milioni, vale a dire quadruplicato, a fronte di un raddoppio o poco più dei ricavi.
E che se entra un giocatore importante uno deve uscire per liberare spazio salariale: necesse est.
Io capisco che lei si autoelegga il Matador, perché tutto questo è dovuto alla sua opera, è lei il deus ex machina che muove la scena.
Però fa un errore, piccolo ma grave. Ce lo fa notare.
In questo, mi perdoni, anche lei avrebbe dovuto apprendere i precetti di quel grande uomo che fu Renato, papà mio, il quale diceva che l’amore non si sbandiera, si dimostra, e che tutti i giorni si sacrificava senza mai rinfacciarci nulla. Se la mia povera mamma, come quasi tutte le mamme, si lamentava dicendo la frase che scommetto tutti abbiamo sentito, “una mamma è buona per cento figli, ma cento figli non sono buoni per una mamma”, facendoci sentire in colpa e rinfacciandoci quanto facesse per noi, mio padre mai una volta ha rinfacciato alcunché.
Non arrivai a tempo quando morì sotto i ferri, ma l’ultima volta che lo sentii al telefono fu lui a chiedermi se stessi bene, lui che stava andando a morire, capisce?
La smetta di dire “voi napoletani”, oltretutto con quell’accento romano che la vita le ha dato pur avendo le nostre stesse origini che lei stesso non rinnega, anzi.
La smetta di ricordarci che ci ha tolto “dalla merda”, che “non abbiamo vinto un cazzo”.
E’ vero, in oltre novanta anni di storia abbiamo goduto solo un lustro col più grande di tutti.
Ma non ce lo rinfacci, non ne ha bisogno. O forse sì perché in fin dei conti il suo è un disperato bisogno di riconoscimento dei suoi giusti meriti.
Ma come, vi porto Ancelotti, prendo la meglio gioventù, resisto a sirene di mercato per i nostri migliori giocatori, e voi invece di rendermene merito, mi rompete col Matador e mi contestate?
Non si metta “a tuzzo”, lei è persona di intelligenza superiore.
Capisca invece che i napoletani, me compreso, ci siamo attaccati disperatamente a lei per vivere un sogno, e siamo convinti che la bomba (Ancelotti e la squadra) c’è, manca il detonatore, cioè il Matador, l’unica risposta possibile a Ronaldo, già sonoramente e personalmente sconfitto al Mondiale.
Ha fatto un’ottima squadra, Presidente, ma investire su un giocatore “eccezionale, integro, formidabile”, come Ella stesso lo ha definito, serve per avere il giusto mix di gioventù ed esperienza.
Cavani è il figliol prodigo. Ce lo porti e sarà finalmente ella stesso un eroe per tutti: caro Presidente, avrà vinto comunque, vada come vada.
Il modo di far quadrare i conti saprà trovarlo, ne sono certo, tra spalmature e negozi on-line (la 7 di Cavani si venderebbe da sola).
Non devo insegnarle io il mestiere, lei che è un grande imprenditore che non paga un euro di interesse alle banche, non sconta una fattura, ha reso il Napoli ricco e solido come mai nella Storia (sono finiti i tempi di chi si scontava in banca un anno prima addirittura i contratti televisivi e vendeva i gioielli di famiglia).
Solo lei può regalare a tutti noi la possibilità di gridare che la sfida ricomincia, e le dico di più: in proporzione (non in valore assoluto, sia chiaro, non sono impazzito) all’apporto che possono dare, Cavani inciderebbe più di Ronaldo; ed invece di dilatarsi, le distanze si accorcerebbero.
Un ultimo consiglio: lasci stare Sarri, sta diventando ingeneroso. Io lo so che il suo è amore tradito, o perlomeno tale lo sente, perché lo avrebbe tenuto a vita.
Ma i vostri caratteri incazzosi e permalosi non erano fatti per prendersi, mica come quel furbo di tre cotte come il sor Carletto che sa gestire tutti, presidenti compresi, lui che è figlio di Liddas.
Mi dispiace che non abbia conosciuto Renato mio: anche in questo avrebbe ascoltato una grande lezione di vita, mai una parola contro qualcuno ma sempre pronto a capire e giustificare.
Ecco, Presidente. Se tiene sotto controllo la pentola a pressione del suo stomaco, perché è uomo razionale ma di pancia, e capisce che la gente non le “rompe le palle” ma le chiede amore, salti il fosso degli aridi conti ed accetti la sfida.
Come imprenditore saprà vincerla, come uomo avrebbe già vinto.
E quel fornaio che con me ha vissuto una notte d’amore e di speranza le sarà grato a vita, perché si alzerà la notte felice di andare a lavorare.
Potenza di un Matador.
Tanto le dovevo e mi scusi per averla importunata.”