Caso Di Lorenzo: Danno collaterale inevitabile della scorsa stagione ma non raccontate troppo in giro che il calcio è cambiato, tifosi potrebbero crederci.
La coda velenosa de l’annus horribilis non poteva essere tagliata di netto,
era inevitabile che continuasse a rilasciare qualche tossina, è passato troppo poco tempo.
Anche se il calcio ragiona per compartimenti stagni le stagioni sono collegate.
Tutti vogliono fortissimamente cancellare la macchia dell’ultimo campionato
ma, pure se compri il miglior smacchiatore sul mercato, devi sempre darci dentro a strofinare.
La grana Di Lorenzo è uno dei danni collaterali inevitabili della scorsa stagione
ed è diventata una matassa tanto ingarbugliata quanto inestricabile.
Ad un certo punto il capo del filo non lo trovi più e devi arrenderti
ma il Napoli non può permettersi di buttare il gomitolo per regalarlo al gatto che sta lì a leccarsi i baffi in attesa di affondarci le unghie affilate.
Le responsabilità si dividono e si confondono ma se c’è la voglia condivisa di ripartire, si può fare.
Le scelte toccano ai diretti interessati club e calciatore
ma non può essere messo da parte un terzo elemento fondamentale:
i tifosi che sono molto più intelligenti di chi li racconta.
Se Di Lorenzo restasse non ci sarebbero pregiudizi
purché ci sia chiarezza e trasparenza, anche in un mondo come il calcio che ritiene congruo raccontare solo le verità comode.
Poi conviene evitare anche un’altra trappola.
Non è opportuno continuare a raccontare la storia che il calcio sia cambiato,
non ci siano più le bandiere e che, in fondo, i calciatori siano professionisti come altri.
Se la gente se ne convincesse sarebbero guai per tutti.
Il calcio è il fenomeno trasversale e universale che conosciamo
perché si fonda sull’empatia, la condivisione e l’identificazione.
La maglia è il simbolo ma è indossata dagli uomini e tra uomini il rispetto è imprescindibile, sempre.