José Maria Callejon domani scenderà in campo al Diego Armando Maradona per la prima volta da avversario del Napoli.
Sarà strano.
Sarà tutto tremendamente strano.
La musichetta suonerà, quella che hai sentito mille volte prima di rientrare negli spogliatoi e tu ti riscalderai, magari scrollando un po’ le spalle come a ballare un ritmo che ti sussurra nel cuore, che te lo fa palpitare. Salterà un battito. Deve saltare, a te come a noi, quando ci renderemo tutti conto, all’improvviso, te compreso, che la maglia che hai addosso è di un colore diverso dal normale. Che stai rientrando nel gruppo sbagliato, scherzando con Insigne, con Mertens, con quelli che per sette anni sono stati i tuoi compagni, ragazzi con cui hai diviso un sogno e scritto pagine di una bellissima storia di calcio, parti di un cuore che batte d’azzurro.
Solo che ora batte sotto una casacca di colore diverso. Una casacca viola, quella della Fiorentina che domani verrà al Diego Armando Maradona di Napoli ad affrontare la squadra di Gattuso con un uomo per cui questa gara non ha alcuna speranza di essere normale: José Maria Callejon torna a Napoli. E ci torna da avversario, per la prima volta dopo sette anni di azzurro.
Callejon, ojitos dal leader, arrivato a Napoli l’11 luglio 2013 assieme a Gonzalo Higuain dal Real Madrid per ordine di Rafa Benitez, parte fondante di una squadra che ha poi fatto sognare i tifosi azzurri con Maurizio Sarri, guadagnandosi il rispetto di tutti i più grandi del calcio europeo e mondiale. Callejon c’era, all’alba del “Grande Napoli”, vivendone appieno ogni attimo, fino al tramonto con Ancelotti, vedendo compagni andare via, da Reina ad Albiol, da Higuain ad Hamsik, Allan, Jorginho, restando assieme ad un manipolo di pochi a reggere il vessillo dei tempi che furono. E probabilmente sarebbe rimasto ancora, a ricordare a tutti il significato di indossare quella maglia, quella maglia azzurra con cui ha vinto 2 Coppe Italia, una Supercoppa Italiana, con cui ha segnato all’esordio, con cui è diventato il giocatore spagnolo con più gol in Serie A. Con cui, in sette stagioni, ha collezionato 349 partite, condite con 82 gol e 78 assist, numeri pazzeschi per un esterno.
Ma quell’epoca è finita, solo in pochi sono rimasti per raccontarla e Callejon non è tra questi. Il suo amore per Napoli si è dovuto piegare alla logica del mercato per cui a volte rifondare è necessario ed un “senatore” può risultare scomodo. Una rifondazione chiedeva al nuovo tecnico, Gattuso, di valorizzare uno degli investimenti più importanti in casa azzurra e quindi, per sperare di recuperare Lozano e dargli la giusta continuità, era necessario cedere Callejon.
L’ultimo sacrificio del leader silenzioso. Il Lozano di oggi, quello da 7 gol e 3 assist in 16 partite, è sicuramente tanta farina del sacco del messicano, ma anche frutto del sacrificio di “Calleti”. Quasi costretto ad andare via per salvaguardare il futuro della sua squadra, cambiare maglia per amore, lo stesso che ha vissuto per sette anni e che ora dovrà mettere da parte, perché così fanno i giocatori professionisti. Perché domenica si gioca e lui ora è un giocatore della Fiorentina.
Eppure…
Eppure sembra quasi di vederlo, a fine riscaldamento, “Life is Life” risuona nel tempio che ora porta anche il nome del Dio che ha fatto vivere quella canzone di palleggi e danze eterne. Callejon, scrollando le spalle, prende la strada per gli spogliatoi. Ed il cuore di tutti salterà un battito. Perché stai rientrando nel gruppo sbagliato, scherzando con Insigne, con Mertens, con quelli che per sette anni sono stati i tuoi compagni.
E che magari abbozzeranno un sorriso e, ridacchiando, ti diranno: “José, vedi che stai con loro eh!”.
Già. José, sati con loro adesso. Ed è così strano.