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Calcio italiano tra crisi e rilancio

Il calcio italiano è, ormai da anni, sia per la crisi economica del nostro paese, sia per fattori di natura internazionale, in crisi.

 

I problemi, sono noti: poco spazio per i giovani e carenza delle strutture per i settori giovanili, giocatori vecchi, scarsa progettualità, mancanza di impianti e troppi stranieri. Le critiche al calcio italiano ed ai suoi dirigenti, ancorati forse ad un modello calcio non moderno con poca managerialità, si sprecano. I social network, la stampa sportiva ed i media in genere, non mancano di evidenziare i problemi.

Tra le rilevazioni socio – economiche più interessanti, sicuramente c’è quella del CIES, l’osservatorio svizzero sul calcio europeo che raccoglie e categorizza dati sulle 31 principali leghe professionistiche europee. I dati del CIES dicono alcune cose importanti sul nostro calcio, che possiamo qui semplificare in cinque punti:

– la media di età è troppo alta: con 27,3 anni di media la Serie A viene al secondo posto dopo la Turchia nelle 31 maggiori leghe professionistiche europee. Inoltre in serie A, gioca il club europeo con l’età media più alta, ilChievo (30,1 anni di media: e dire che due anni fa ha vinto il campionato Primavera)

– i giovani non vengono valorizzati: In Italia solo l’8,6% dei giocatori cresciuti in un club finisce poi a giocare in prima squadra. in Spagna le opportunità sono date al 20,3% dei ragazzi.

– manca progettualità di lungo periodo: Non c’è programmazione nel gestire le rose, infatti, la media di permanenza di un giocatore in una determinata squadra in Italia è di 2,37 anni. In tutti i campionati maggiori vi è una durata superiore del rapporto calciatore-club. Caso lampante, in serie A, è quello del Genoa, in cui un giocatore viene cambiato mediamente dopo meno di una stagione e mezza (1,44 la media): chiaro che il ricorso al mercato viene fatto per lo più per motivi extratecnici.

– vengono contrattualizzati troppi giocatori: Analizzando il solo ultimo anno: ogni club italiano ha preso in media 12,8 nuovi calciatori. Il 30% in più, circa, rispetto ad Inghilterra e Spagna, anche qui tutti le grandi leghe vengono dopo di noi.

– troppi stranieri poco qualificati: In Italia gli stranieri impiegati nelle rose delle squadre rappresentano il 56,5% giocatori stranieri. L’Inghilterra, fa peggio di noi con il 59,9%. Ma la differenza è data da un altro dato: solo il 26,5% dei nostri stranieri giocano nelle loro nazionali contro il 40,1% di quelli impegnati in Premier League.

E’ evidente che qualcosa debba cambiare nella gestione del mondo del calcio in Italia, deve essere guidato da professionisti in grado di avere una visione manageriale per poter pilotare un settore che muove fiumi di denaro e che non può vivere di soli diritti TV.

 

 

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