Bloccata la modifica legislativa dopo la pubblicazione dell’Inail che mette i calciatori tra le categorie a massimo rischio. Lo riporta il Corriere dello Sport.
In un calcio che non sa a chi dare (e a chi far prendere) la responsabilità di riprendere o meno le operazioni (come scritto con una suggestione nell’editoriale di Italia Mele), arriva un’ennesima notizia che rischia di mandare all’aria il lavoro svolto fino ad ora da Gravina.
“Gli atleti professionisti e quindi i calciatori, sono lavoratori a massimo rischio. Come gli operatori sanitari, le forze dell’ordine e i dentisti nell’ambito della fase due dell’emergenza Covid.
Lo ha stabilità l’Inail, istituto che si occupa di malattie professionali e di infortuni sul lavoro. L’Inail ha fornito una valutazione integrata in base a due variabili con relative scale, da 0 a 4.
La prima scala è quella dell’esposizione al contagio. La seconda è quella della prossimità ad altri soggetti, mentre l’ultimo fattore tiene conto della presenza di terze persone nell’attività.
La notizia è arrivata mentre la decisione sulla riapertura del calcio volge alla stretta finale e mentre il discusso protocollo per la riapertura della Figc è al vaglio del Ministero della Salute, al quale Gravina presenta atti di responsabilità territoriale. Intanto il Coni è pronto a consegnare al Governo un protocollo valido per ogni sport e che fa riferimento alle raccomandazioni dei medici sportivi e ai suggerimenti validati dal Policlinico di Torino.
I medici e i dirigenti del calcio sono combattuti da un lato dalla volontà di riaprire il prima possibile, dall’altra dalla cautela dovuta a riorganizzare un’attività ufficialmente entrata nella zona rossa della valutazione del rischio. Obbligare un calciatore a prestazioni e allenamenti con un’epidemia ancora da interpretare significa dover valutare ogni conseguenza per i legali rappresentanti, gli amministratori, delegati e i medici sociali.
Proprio ieri sera, sulla questione delle responsabilità dei datori di lavoro, è arrivata un’altra notizia con ricaduta sullo sport professionistico. Maurizio Casasco, presidente della Federazione dei medici sportivi, è anche presidente della Confapi, la confederazione della piccola e media industria. Insieme a Confindustria, Confapi aveva chiesto una modifica dell’articolo 42 (disposizione Inail) del Decreto Cura Italia nel momento della conversione il legge. La modifica prevedeva che l’erogazione Inail fossero soddisfattive dei risarcimenti per gli infortuni sul lavoro a causa Covid. Proposta respinta. Così si aprirà la breccia a pesanti contenziosi nei confronti delle aziende. Quindi, anche verso le società di calcio, se un tesserato venisse trovato positivo”.
L’articolo completo, sulle pagine de Il Corriere dello Sport.