Gigi Buffon, portiere della Juventus, ha rilasciato un’intervista per “The Players Tribune” da Gerard Piqué.
Ecco alcuni passaggi.
Queste le sue parole: “Vengo da una famiglia molto sportiva e inevitabilmente ho capito che fosse quella la mia strada sin da piccolo. Mio padre e mia madre sono stati nazionali di atletica, le mie sorelle hanno giocato a volley e una, a differenza mia, ha vinto la Champions. Ho cercato di farmi valere in mezzo a questa famiglia di sportivi, di far capire di poter fare qualcosa di buono. Poi ho avuto la fortuna di scoprire il calcio e il ruolo di portiere”.
A Parma, che all’epoca era una squadra importante, hai esordito contro il Milan. Ricordi che sensazioni hai provato?
“Il Parma negli anni ’90 era una delle squadre migliori d’Europa. Vinse due volte la Coppa Uefa e una la Coppa delle Coppe. Quella contro il Milan era una partita importante, eravamo primi a pari punti con loro, che avevano in rosa grandi campioni come Baggio, Weah, Savicevic e Maldini. Ho saputo che avrei giocato la mattina della partita e la cosa bella è che non ricordo di aver avuto paura. Ero felice perché avevo la possibilità di farmi conoscere al mondo, far vedere la mia bravura. In quel momento la felicità superava la paura”.
Dopo la vittoria del Mondiale il livello del calcio italiano è calato. Quali sono le cause?
“Sicuramente qualcosa si è inceppato. Non posso credere che l’Italia non riesca più a produrre e a creare talenti come un tempo. Quando sono andato in Nazionale le prime volte c’erano Baggio, Del Piero, Totti, Montella, Inzaghi, Vieri, un numero inimmaginabile di giocatori forti. Da dieci anni l’Italia è solo una buona squadra, che non riesce a sfornare lo stesso numero di talenti. Così si fa fatica a vincere e a fare risultati. L’orgoglio e il senso di appartenenza ci hanno permesso di reagire dopo i fallimenti del 2010 e 2014, riuscendo a giocare molto bene gli Europei”.
La Serie A sembra meno competitiva di un tempo.
“Ci sono campionati come quello francese o spagnolo che hanno sempre esportato tanti giocatori all’estero, ma le Nazionali sono sempre state competitive. Non dipende dai campionati, ma dell’individualità, dal talento. Il campionato forse è di basso livello, il problema è che non produciamo più giocatori forti, che possano andare al PSG o al Real. Non abbiamo giocatori con esperienza, a parte quelli della Juventus. E questo è grave”.
Cosa vorresti fare nel futuro?
“Vorrei studiare, fare corsi formativi per diventare dirigente, direttore sportivo e allenatore. A quel punto sceglierò una strada e andrò dritto”.
Senza il calcio saresti stato una persona migliore o peggiore? Cosa avresti fatto?
“Sarei diventato un professore di educazione fisica, seguendo le orme dei miei genitori. Mi è sempre piaciuto stare in mezzo ai ragazzi. Il calcio mi ha reso migliore perché mi ha fatto capire che il gruppo è la cosa più importante, è bello condividere vittorie e sconfitte con altre persone, ti fa diventare meno egoista. Questo è il bello della vita. Quando diventi popolare ci sono aspetti positivi e negativi: finisci sui giornali e vieni criticato per gli atteggiamenti sbagliati, però questo ti porta a migliorarti e a comportarti meglio. Così si diventa una persona migliore”.
Paura del ritiro?
“Se ti dicessi che non ho paura probabilmente direi una bugia, però dentro di me ho la tranquillità e la serenità. Quando cominci ad avere un’età come la mia è giusto valutare mese dopo mese e settimana dopo settimana. E’ molto importante per gli atleti sentire sempre dentro il desiderio di battersi, di dannarsi, di essere protagonisti. E poi devi realmente, anche fisicamente, sentirti ancora bene, perché sono uno che ha tanto orgoglio. E non ci sto a fare brutte figure: io sono Buffon e voglio essere sempre Buffon fino all’ultimo giorno. Appena vedo che non sarò più Buffon, sarà meglio prendere e uscire”.
Fonte: tuttomercatoweb.com