Il tecnico del Napoli, Rafa Benitez, è rimasto molto legato al Valencia. E attraverso i microfoni di SuperDeporte ha rilasciato una lunga intervista. Ecco i temi toccati da Benitez:
SUL VALENCIA: “La squadra era molto buona e la fiducia consentiva di affrontare ogni partita e di poterla vincere. Così la squadra crebbe. Le priorità per una squadra di qualità sono soprattutto la qualità del lavoro e la forza, e non mi riferimento solo alla qualità tecnica, la consapevolezza e la mentalità anche. E’ essenziale avere la giusta mentalità, la voglia di migliorare e poi avere una qualità individuale che permette di affrontare le sfide. E’ un mettere tutto insieme e poi dare un ambiente adatto. Dipende anche da ciò che si vuole fare, soprattutto quando sei al primo anno e devi conoscere l’ambiente. Di quel periodo mi ricordo molti giocatori e di Manolo Llorente era perché lui era il direttore e ho dovuto discutere per qualsiasi cosa. Seppi dell’interessamento del Valencia tramite il mio agente, Manolo Garcia Quilon, loro poi avevano le giuste informazioni su di me e presero la loro decisione. Ho trovato una buona squadra e abbiamo iniziato a lavorare sugli acquisti e altro ancora. Io in quel momento non avevo esperienza sul mercato che poi ho acquisito nel corso degli anni ma le sapevamo le caratteristiche e la tipologia dei giocatori che stavamo cercando. A volte certi giocatori firmano ma non si adattano all’ambiente perché la famiglia non è felice, così quel giocatore perde quella capacità che ha dimostrato in un altro luogo. Come successe a Gonzalo de los Santos, che firmò e non stava bene tra virgolette. Perché? Perché Albelda stava molto bene. Infine, giocando nei momenti decisivi si deve scegliere una squadra che si considera più opportuno. E Albelda è cresciuto e ha fatto bene. Un allenatore ha il sostegno dello spogliatoio quando e giocatori vedono l’entusiasmo e la dedizione che si mette fin dall’inizio. Ho molti amici a Valencia, con cui spesso mi sento. Un ritorno al club? Dovrà essere un progetto interessante, che riguardi tutto l’ambiente. Altrimenti non si farà nulla”.
SUL LIVERPOOL: “Quando ero a Liverpool, con la Champions e altro, è sempre difficile dire se sia meglio o peggio. La seconda Champions di Atene la perdemmo in finale e l’anno seguente abbiamo fatto 86 punti in Premiership. Il primo anno a Liverpool l’ho trascorso un po’ come tutti, si va in un altro paese, un’altra cultura del calcio, poi lì era diverso avevo una responsabilità e il controllo tutto, ma la mancanza di esperienza in quella posizione mi ha fatto lavorare come allenatore. E’ molto difficile adattarsi e quella stagione abbiamo ottenuto la Champions. Il primo anno a Liverpool sembrava tutto molto bello, le promesse fatte, lo stadio nuovo ma poi tutto è andato a finire nel nulla. Ovviamente dipende anche dalla disponibilità economiche che si hanno, l’interesse che ha il club. Sono rimasto in buoni rapporti con molti giocatori come Pellegrino, Ayala , Rufete, Deck, Cañizares, Curro Torres, Sanchez. In qualunque squadra quando un giocatore non gioca non è contento”
SUL RUOLO DI MANAGER: “Un buon manager ha la capacità di scegliere i buoni tecnici. Il problema è che un manager dipende da un bilancio ma a gestire il budget, gli errori e i successi sono cose professionista, la responsabilità è sua. Il modello europeo spesso non funziona perché non si prendono decisioni professionali. Se il consiglio sceglie l’allenatore che non ha scelto il direttore sportivo alla fine iniziano i conflitti. Si sceglie un allenatore che ha la sua stessa idea di calcio. Altre volte se si ha un buon direttore e un buon allenatore il lavoro dei due è perfettamente coordinato. Come funziona il lavoro dei manager inglesi? Il club dice il budget che hai e da lì compri ma vendi anche per prendere ciò che serve. A Valencia non c’è stato alcun coordinamento e al secondo anno quando Jaime Orti fece il discorso ai tifosi disse “Abbiamo vinto il titolo, ora ci rafforzeremo”, il problema è che non avevamo soldi. Non sempre si può avere ciò che si vuole, ma quello che si può”.
Eto’o? “Questa è un’altra storia complicata perché c’era una possibilità ma non è stato possibile eseguire l’operazione, era eccessivamente costosa e la società era disposta a fare uno sforzo, se necessario, ma non ci riuscii.
SUL NAPOLI: “Napoli è un luogo che ha molte somiglianze con Valencia e Liverpool perché si deve lottare contro squadre con budget maggiori, contro più persone e più potere. Mi piace, bisogna poi vedere se il club ha l’ambizione di crescere e cercare di combattere le squadre che sono al di sopra”.