Sulle colonne de Il Sole 24 Ore l’esperto giornalista, Marco Bellinazzo, fa un’analisi degli attuali abusi del calciomercato, derivanti soprattutto dalle plusvalenze.
Nel campionato italiano il livello delle plusvalenze è cresciuto soprattutto nella stagione 2016/17 quando sono quasi raddoppiate rispetto all’anno precedente superando quota 700 milioni.
Ora è chiaro che non esistendo criteri oggettivi per stabilire a priori se una transazione di calciomercato è fatta al giusto prezzo e non potendosi limitare la libertà delle imprese calcistiche una soluzione va individuata a monte.
Dal player trading peraltro non si può più prescindere. Non sarebbe giusto demonizzare quella che è una leva economica oramai consolidata per i club calcistici.
Ma proprio per questo è possibile affermare che il perfetto equilibrio cui le società calcistiche devono tendere è di una corretta proporzione delle voci di entrata.
Si può sostenere che sarebbe opportuno che i team abbiano in futuro il 25% degli introiti dalle tv, il 25% dallo stadio, il 25% da sponsor e merchandising e appunto il 25% del player trading.
È altrettanto evidente che una ripartizione di questo tipo non può essere imposta dall’alto. Deve essere una scelta dei manager e delle proprietà. Però la Uefa e le istituzioni calcistiche nazionali potrebbero intervenire sancendo che ai fini del fair play finanziario potranno essere conteggiate solo plusvalenze e ritorni dal player trading (prestiti onerosi) che non oltrepassino il 25% del fatturato operativo (senza calciomercato) della società.
Ad esempio, se un club fattura senza plusvalenze 100 milioni, e nel frattempo opera cessioni con 50 milioni di plusvalenze contabili, ai fini civilistici registrerà un bilancio con 150 milioni di ricavi, ma ai fini del fair play finanziario Uefa e nazionale saranno conteggiati ricavi pari a una massimo di 125 milioni.
È vero che una limitazione di questo tipo consentirà ai club con maggiori ricavi operativi di fare in termini assoluti più plusvalenze di un piccolo club. Ma è vero anche che ancorando il limite percentuale delle plusvalenze “rilevanti” ai ricavi operativi si stimolerà i club di qualunque dimensione a sforzarsi di incrementare questi ultimi prima di ricorrere alla facile scorciatoia del calciomercato.