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Da quando Baggio non gioca più…

Il “Divin codino” compie oggi 50 anni.

Ah, da quando Senna non corre più, da quando Baggio non gioca più, da quando mi hai lasciato pure tu, non è più domenica”. Così cantava Cesare Cremonini in un ritornello che, in poche parole, lascia emergere la grandezza del fuoriclasse che è stato Roberto Baggio. Un campione divenuto un icona per tutti gli italiani, un idolo che ha lasciato un ricordo indelebile nella mente di tutti gli amanti del calcio, il cui addio ha segnato la fine di un’era. E oggi quel campione compie 50 anni.

Platini lo definì un “9 e mezzo”  per quel suo essere un po’ fantasista, un po’ attaccante. Ma Baggio era soprattutto un genio, che ha scritto pagine di storia con i suoi piedi, con le sue giocate, con i suoi gol. La sua carriera comincia con il Lanerossi Vicenza, nelle cui giovanili arriva all’età di 13 anni. Una volta in prima squadra, aiuterà i vicentini a conquistare la promozione in Serie B nel 1985, prima di trasferirsi alla Fiorentina. In viola forma una splendida coppia d’attacco con il compianto Stefano Borgonovo (la B2) e nel ’90 avrà un ruolo decisivo nel cammino della squadra verso la finale di Coppa UEFA, poi persa contro la Juventus che, ironia della sorte, diventerà la sua nuova squadra nella stagione successiva.

Il passaggio di Baggio in bianconero causò polemiche e disordini tra i tifosi viola, che protestarono contro il presidente Pontello, colpevole di averli privati del loro simbolo, per di più cedendolo ai rivali di sempre. Per Baggio fu un duro colpo, visto che nei mesi precedenti aveva più volte manifestato la sua volontà di non andare alla Juve, cosa che suscitò malumori anche tra i suoi nuovi tifosi. Quasi come un figlio che viene strappato alla madre. Rimarrà sempre legatissimo ai colori viola.

Con la Juve vincerà uno scudetto, una Coppa Italia e una Coppa UEFA nel 1993, trascinando la squadra alla vittoria finale contro il Borussia Dortmund. Questa cavalcata gli valse la conquista del Pallone d’oro e del FIFA World Player. Si trasferisce al Milan nel 1995, e subito vince lo scudetto, ma avrà rapporti conflittuali sia con Capello che con il suo successore Sacchi, che lo porteranno ad accasarsi al Bologna, dopo essere stato molto vicino al Parma, ma l’affare non si concretizza per volontà dell’allora allenatore dei ducali, Carlo Ancelotti, che anni più tardi si è detto pentito di questa scelta.

Nella sua prima e unica stagione in rossoblu segna 22 gol, suo record in carriera, decisivi per la qualificazione del Bologna alla Coppa Intertoto, meritandosi la chiamata di Cesare Maldini per i Mondiali in Francia. Ma anche qui avrà delle incomprensioni con l’allenatore, in questo caso Renzo Ulivieri. I contrasti con il tecnico lo portano a un nuovo trasferimento, stavolta all’Inter.

Ha la sfortuna di arrivare in una stagione difficile per l’Inter, che in quella stagione cambia ben quattro allenatori (Simoni, Lucescu, Hodgson e Castellini, tuttavia non trova molto spazio. La situazione non cambia nemmeno con l’arrivo, l’anno successivo, di Marcello Lippi. Anzi, peggiora addirittura. Il rapporto tra i due si incrina pesantemente, a detta di Baggio per il suo rifiuto alla richiesta dell’allenatore di comunicargli i nomi dei giocatori a lui contrari nello spogliatoio. Tesi smentita da Lippi, il quale ha affermato di non aver mai chiesto aiuto a Baggio, in quanto non ha stima di lui e non lo reputa importante dal punto di vista umano. Lo spazio per Roberto sarà sempre minore, tuttavia risulta decisivo nello spareggio per la qualificazione in Champions League. Se l’Inter avesse perso, Lippi sarebbe stato esonerato, ma il “Divin Codino” segna una doppietta che permette ai nerazzurri di battere il Parma e segna il suo congedo dalla squadra milanese.

Passa quindi al Brescia, dove vive gli ultimi anni della sua carriera, sotto la guida di Carlo Mazzone. La sua permanenza permette al Brescia di togliersi qualche soddisfazione, come la qualificazione alla Coppa Intertoto, persa in finale contro il Paris Saint Germain. L’ultima stagione di Baggio si concluda con la retrocessione dei lombardi in Serie B. Gioca la sua ultima partita a San Siro, contro il Milan, e al momento della sua uscita dal campo tutto il pubblico gli tributa una standing ovation.

Personaggio amatissimo, ma al tempo stesso discusso, rimane un idolo per tutte le generazioni. Un modello, fonte di ispirazione per tanti grandi del calcio italiano, è a detta di Guardiola il migliore con cui abbia mai giocato, elogio tributatogli in presenza di Lionel Messi. Interessantissima anche la sua vita fuori dal campo: la conversione al Buddhismo, gli innumerevoli impegni nel sociale.

Probabilmente in carriera, a livello di trofei, ha raccolto meno di quanto avrebbe davvero meritato. Al suo palmares manca di sicuro un Mondiale, al quale andò vicinissimo nel 1994. Agli ottavi di finale regala la qualificazione a un Italia ridotta in 10 uomini per l’espulsione di Gianfranco Zola, segnando una doppietta alla Nigeria; ai quarti segna il gol decisivo allo scadere contro la Spagna e realizza un’altra doppietta in semifinale contro la Bulgaria. Nella finale di Pasadena, sbaglierà il rigore decisivo contro il Brasile, regalando il successo ai carioca. Dirà Baggio che fu Ayrton Senna (morto qualche settimana prima) a spingere il pallone verso l’alto, per far vincere il Brasile. Quel Senna la cui morte, insieme all’addio di Baggio, ha segnato la fine delle domeniche di Cremonini.

Auguri Roberto, leggenda indiscussa!

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