Dopo la sconfitta di domenica sera con la Fiorentina,
sebbene abbia mantenuto il
primato in classifica, l’Inter, non sembra passare giorni sereni.
Prima il licenziamento del Direttore Generale Marco Fassone, sul cui allontanamento è
dovuto intervenire il Presidente Thohir:
“Credo che rompere sia un po’ troppo… L’ho sempre rispettato, credo nei suoi
sforzi, ma nel calcio e nel business le persone vanno e vengono, ho scelto
quello che era meglio per il club in questo momento. Non è stato facile,
ma dobbiamo essere sicuri che la squadra lavori insieme duramente ogni giorno.
Non ci possiamo basare su un individuo. Voglio dire che per esempio se vinciamo
il merito non è mio in qualità di presidente, ma di tutti quelli che vanno in
campo e non. Ma se l’Inter fallisce, allora solo in quel caso ok, la responsabilità à mia”.
Poi, lo stesso Presidente, ha espresso il suo pensiero sulla situazione
economico finanziaria del club, sintetizzando che: “Non c’è
un rosso di 90 milioni”.
La scorsa settimana si erano diffuse indiscrezioni
in merito alla situazione di bilancio dell’Inter, che palesavano una
situazione tutt’altro che rosea, con un passivo addirittura di 90 milioni di euro. Conferme ufficiali in merito
dalla società non sono arrivate, ma anzi a smentire questa idea è stato,
appunto, proprio il magnate indonesiano.
“Ho letto diverse notizie a proposito del bilancio. Non capisco da dove sia uscita la cifra, sarà interessante quando tra un
mese verrà ufficializzata la cifra corretta nell’assemblea dei soci”–
ha detto in un’intervista a Sky commentando la situazione finanziaria
dell’Inter. Thohir, ha inoltre precisato: “In questo momento l’EBITDA, cioè l’indice di redditività, sta diventando sempre più
positivo. Le nostre entrate sono aumentate di 10 milioni. Ed anche la
vendita di biglietti è eccellente. I diritti televisivi sono buoni, ma troppo
lontani da quanto accade in Inghilterra. Dobbiamo migliorare e avere per tutta la Serie A una visibilità maggiore
in Asia e anche negli Stati Uniti”.
L’azionista di maggioranza del club nerazzurro sembra quindi avere le idee chiare su quello
che può essere il futuro della squadra, che per risollevarsi ha necessariamente
bisogno anche che arrivino i risultati. Qualificarsi alla Champions League diventa quindi un obiettivo del tutto fondamentale.
Il Milan, dopo la sconfitta di domenica mattina sul campo del Genoa, sta vivendo una situazione di imbarazzo e tensione.
Da un lato le inchiesta della Procura, per presunti costi gonfiati nell’acquisto dei diritti
tv del calcio e l’ipotesi di reato di ostacolo alla vigilanza dell’Antitrust.
Lo ha confermato il procuratore Edmondo Bruti Liberati. Tuttavia, alla domanda:
esiste un fascicolo specifico che riguardi la trattativa della cessione del 48
per cento al magnate Bee Taechaubo? Bruti Liberati ha detto: «Non mi risulta».
Aggiungendo: «Nell’ambito di altra indagine già nota, invece, si stanno
valutando aspetti legati alla compravendita di diritti tv calcistici». Il
riferimento riguarda l’inchiesta sul riciclaggio relativa a barone Filippo
Dollfus de Volkesberg, arrestato in Svizzera nel maggio scorso.
Al momento, quindi, si è saputo soltanto
che a Milano esiste un fascicolo d’indagine per ostacolo alla vigilanza
dell’Antitrust con al centro la compravendita dei diritti tv del calcio.
L’Antitrust, infatti, già nel maggio scorso si era presentata in Lega Calcio
con un decreto di sequestro per acquisire le carte per l’assegnazione dei
diritti per le stagioni di Serie A del triennio 2015-2018. L’ipotesi al centro
degli accertamenti, che sarebbero poi confluiti nell’inchiesta milanese, è che
i grandi club avessero creato un «cartello» occulto per garantirsi la parte più
rilevante dei diritti. Nel filone d’indagine, tra l’altro, sarebbero stati
raccolti successivamente anche gli sviluppi dell’inchiesta sul barone Filippo
Dollfus de Volkesberg, accusato di aver gestito una vera e propria «holding del
riciclaggio» con conti correnti cifrati per imprenditori italiani di primo
piano e per soggetti che volevano nascondere soldi, anche frutto di corruzione.
Due tranche di indagine, quella sui diritti tv e quella sul barone, che sarebbero
collegate, anche se al momento gli inquirenti mantengono il riserbo spiegando
che si è in piena fase investigativa.
Poi c’è la confusione legata al closing
della vendita del 48% delle quote della società del Presidente Berlusconi.
Oggi, non ci sarà nessun Bee day. Il tanto atteso giorno della firma tra Silvio
Berlusconi e Mr. Bee Taechaubol per ora è un mistero. Nessuna firma, la
cessione del Milan è slittata.
Cosa succederà? L’auspicio, naturalmente, è quello che la chiusura avvenga nel minor tempo possibile. Inizialmente
si pensava a qualche ora, forse giorno, di ritardo. Ora invece fonti di stampa
hanno riportato che Bee Taechaubol non sbarcherà oggi in Italia e non lo farà
nemmeno da qui a domenica.
I giornali, sono scatenati sulla vicenda. “Tutto rinviato, serviranno altre tre settimane di tempo
per non meglio precisati «motivi tecnici», come viene fatto sapere” scrive tra
gli altri Libero. Mentre ci sarebbe anche una incongruenza sulle date. Ancora
Libero: “I mediatori del thailandese riferiscono che non c’è nessun rinvio,
dato che l’accordo definitivo indicava nella fine di ottobre il termine ultimo
per la chiusura dell’acquisto delle quote del club meneghino”.
Fininvest, ha parlato di motivazioni tecniche dietro al cambio di programma. Slitta la
firma e slitta anche il giorno in cui il broker thailandese dovrebbe staccare
l’assegno da 480 milioni di euro tanto atteso.
Se c’è chi rassicura tifosi e giornalisti: è tornato il sereno, il tutto slitta per problemi tecnici e i
molti impegni delle aziende della famiglia Berlusconi (in ballo c’è anche il
passaggio dei libri da RCS a Mondadori, previsto per domani). Dall’altrac’è chi
parla addirittura di una richiesta di sconto da parte del broker thailandese, che secondo
Repubblica non avrebbe più intenzione di spendere i 480 milioni di euro
previsti ma solo 340, facendo crollare il valore del club ben sotto il miliardo
di euro previsto da Silvio Berlusconi.
Una richiesta, questa, che è stata invece smentita da fonti vicinissime alla trattativa. «Non c’è nessuna richiesta di
sconto», ha assicurato a Libero l’europarlamentare Licia Ronzulli, intermediaria della trattativa sin dall’inizio, «è normale che in un affare da
quasi 500 milioni ci si possa prendere qualche giorno in più».
Alla fine tutto probabilmente si sistemerà, le quote verranno cedute, i buchi di bilancio scompariranno, andranno entrambe
in Champions e, chi, nel rispetto dei conti e dei Bilanci resterà fuori, si trincererà dietro il rispetto del Fair Play Finanziario.
Questo è il calcio, o forse, questa è la vita.