Nell’edizione odierna de La Repubblica il magistrato Antonello Ardituro commenta le disposizioni sul contenimento del Coronavirus, che ha messo ai domiciliari 376 detenuti al carcere duro o in regime di alta sicurezza.
Di seguito le parti salienti dell’intervista a Ardituro:
“Tre ordini di problemi si creano. Il primo è quello della percezione del cittadino, che ora si ritrova nello stesso quartiere persone che dovevano essere in carcere. Questo farà in modo che il cittadino metterà in dubbio le misure per contrastare la mafia da parte della magistratura, delle forze dell’ordine e dello Stato.
Sarebbe ingiusto nei confronti del duro lavoro svolto da tutti. Il secondo problema è che alcuni si possono dare alla latitanza, dato che i controlli sono già complicati per le risorse a disposizione; questi controlli sono ulteriormente complicati dalla situazione di emergenza.
In tutto questo, gli equilibri criminali potrebbero saltare. Alcuni dei detenuti erano in carcere da anni e alcune organizzazioni hanno cambiato i loro assetti e questo potrebbe favorire i conflitti tra clan. Questo è dovuto al fatto che non ci si è resi conto delle conseguenze della pandemia da CoVID-19 nelle carceri.
Le rivolte sono state uno scenario drammatico, a cui è seguita una risposta sbagliata. Questo potrebbe far riflettere sul sistema carcerario italiano, forte con i deboli e debole con i pericolosi. Il 41 bis ha molte falle. L’intervento si basa sull’investire senza svilire la funzione del carcere duro.”
per l’intervista completa a Ardituro, si rimanda all’edizione odierna de La Repubblica.