Nel suo editoriale su “Repubblica” oggi in edicola Antonio Corbo analizza il momento del Napoli.
“Ma bisogna andare in Nazionale, giocar bene, segnare per riprendere la dimensione persa nel Napoli? È dai
tempi di Mazzarri che Insigne deve procurarsi crediti formativi nel Club Italia per essere titolare indiscusso nella squadra della sua città.
Questa domanda ed un altro paio devono oggi porsi società e allenatore dopo la rivolta del 5 novembre.
1) Insigne rischia di essere impopolare, come tutti i campioni acerbi che non sanno gestire il successo. Nulla perdona il tifoso a chi è nato da queste parti. Ma il calcio merita riflessioni senza pregiudizi né sentimentalismi. Che non sia un buon capitano, lo dimostra per i suoi atteggiamenti: reattivo e suscettibile. Il rifiuto del ritiro registra una reazione contraria al ruolo.
Ha agito da capopopolo, doveva ragionare da leader. La squadra è passata dall’amore allo sdegno dei tifosi. Al punto che De Laurentiis recupera simpatie e consensi quando minaccia di riprendersi parte degli ingaggi.
È invece autolesionismo discutere a Napoli il talento di Insigne. In un calcio normale il tema è un altro: come sfruttare meglio quel talento. Ecco, qui cade il Napoli. Da Zeman a Mancini, rende molto Insigne alto a sinistra,
con movimenti orizzontali verso il centro. Può così investire i suoi elementi di pregio: la sterzata in area, il tiro di interno destro, l’assist morbido al centro o lungo sul controllato.
Anche un allenatore tatticamente bravo, come Ancelotti, chiede invece a Insigne un ruolo non suo. Come il primo
Sarri quando voleva farne il sosia di Saponara. Fu costretto anche il testardo artigiano toscano, da osservatori saggi a poche ore da Napoli-Bruges, a ripiegare sul 4-3-3 ed evitare l’esonero.
Imporre a giocatori tecnici e ben caratterizzati ruoli impropri vale il chirurgo che per dimostrare la sua
bravura opera i pazienti a testa in giù. L’innaturale non può essere elevato a sistema.
Quindi: Insigne va schierato nel 4-3-3, al limite nel 4-2-3-1, altrimenti va escluso o ceduto. Se è vero che le ultime
tensioni derivano anche da disguidi tattici il Napoli deve decidere: non può insistere sul 4-4-2 con Insigne quarto a sinistra.
La Nazionale correttamente sposta al centro Insigne quando avanza Emerson. Era il segreto di quella magica catena di sinistra nei 91 punti. Qui non è responsabile Ancelotti: è sparito Ghoulam, era uno dei migliori difensori mancini in Europa.
2) La crisi del Napoli richiama il mercato. Il 4-3-3 è una buona idea. Ma attenti: mancano due giocatori chiave del Napoli di Sarri. Ghoulam, ma anche Jorginho. Il Napoli non ha coperto i due ruoli. Si urlava al vento: era opportuno giudicare le condizioni di Ghoulam, come l’esigenza di un mediano centrale. Il declino non è dovuto solo ai giocatori, anche a chi ha formato una squadra incompleta.
3) I malumori per gli estenuanti rinnovi. Callejòn e Mertens festeggiano il 33esimo compleanno In questo calcio miope e ipocrita si confondono torti e ragioni. Se i due contratti scadono il 30 giugno 2020, De Laurentiis ha il dovere, non solo la facoltà di valutare il rapporto tra il costo per il successivo biennio ed il prevedibile inferiore contributo di due giocatori di 33, 34 e 35 anni.
Ha fatto un’offerta. Sta a Callejòn e Mertens accettare o rifiutare, giocando al massimo fino alla scadenza. Senza rabbuiarsi. Il rinnovo è inteso nel calcio come doverosa gratitudine per quanto i giocatori si son fatti amare. Un
errore.
Ha ragione De Laurentiis, quindi. La civiltà professionale consiglia però al presidente di non definire “marchettari” quelli che preferiscono i cieli plumbei della Cina al sole di Marechiaro.
Quante cose insegna a squadra e società la cosiddetta rivolta del 5 novembre”.