Massimiliano Allegri ha parlato così nella conferenza stampa d’addio alla Juventus insieme al presidente bianconero Andrea Agnelli.
“Ci siamo tolti tante soddisfazioni, lascio una squadra vincente che he le potenzialità per ripetersi in Italia e fare una grandissima Champions. Quest’anno purtroppo non ce la siamo giocata fino in fondo. Cosa avevo in mente io? Abbiamo parlato e discusso, esprimendo ciascuno i propri pensieri. Io ho detto quello che ritenevo, la società ha fatto poi le sue valutazioni e ha ritenuto opportuno che l’allenatore non fossi più io. Ma questo non cambia niente, il rapporto con il presidente, Nedved, Paratici è straordinario. Compreso Marotta, che mi ha accolto 5 anni fa. Io sono cresciuto molto, siamo anzi cresciuti insieme. Ci lasciamo nel migliore dei modi: lascio una società solida, con un gruppo straordinario sul piano tecnico e personale. Per vincere bisogna essere uomini, e la Juve ne ha tanti. Lascio un presidente straordinario: un decisionista. Fabio e Nedved che sono più giovani di me: conosciuti da ragazzi, sono ora presidenti importanti”. Di nuovo commozione e applausi. “Domani sera bisogna festeggiare perché ci sono due cose da celebrare: lo Scudetto e l’addio di Andrea Barzagli” risate. “Che lascia da professore dei difensori, senza togliere nulla agli altri. Domani sera deve essere una bellissima serata. Sono stati cinque anni davvero straordinari”.
Quando abbiamo fatto 15 vittorie consecutive, non giocavamo un calcio straordinario: Buffon non ha preso mai gol, e noi sfruttavamo le nostre occasioni. Difendere non è brutto, ci sono dei momenti in cui è necessario. A Cardiff, quando avevamo Cristiano da avversario, il Real ha vinto perché ha difeso bene come squadra. Meglio di noi. Cosa vuol dire giocare bene? Io non l’ho ancora capito a 50 anni. Se qualcuno lo sa, me lo dica. Ci sono allenatori che vincono e altri che non vincono mai: c…o, se uno non vince mai ci sarà un motivo. No? Nel gabbione a Livorno, i tornei li vincevamo sempre noi. Altri li perdevano sempre. Ci sarà stato un motivo, no? Non c’è più mestiere: sembra tutta teoria… Penso anche a Cellino: l’ho avuto a Cagliari, è retrocesso una volta. A Brescia in un anno è tornato in A. Come ha fatto? Non lo so. Ma l’ha fatto: è più bravo degli altri”.
“Io sono fiero di essere aziendalista. Chi non capisce l’italiano pensa che voglia dire yesman, come diceva prima il presidente. No: aziendalista vuol dire far parte di un’azienda. Quando si è parte di queste società si è parte di un’azienda: la Juve fattura 500 milioni, e un allenatore deve conoscere tutto di questa realtà. Ci sono mille problematiche di cui un allenatore deve essere a conoscenza. È una cosa che mi appassiona: magari se smetterò, dubito, di allenare, potrei fare il dirigente. Mi affascina”.