Occhietto vispo, espressione goliardica, dialettica spassosa.
Questi gli elementi extra-calcio di rilievo di Vujadin Boskov, ex allenatore, transitato anche nel nostro Paese. L’ex tecnico serbo si è spento oggi, all’età di 82 anni.
L’eclettico tecnico giunse in Italia nel 1985 sedendo sulla panchina dell’Ascoli alla corte del vulcanico Presidente Costantino Rozzi. Ma l’esperienza italiana non terminò nella bella cittadina marchigiana. Sampdoria, Roma, Napoli e ancora Sampdoria le altre tappe.
La prima esperienza sampdoriana culminò in un trionfo nazionale, il primo per i blucerchiati. Una squadra incredibile, paragonabile per forza, convinzione, costanza nei risultati e spiccate individualità, alla Roma dei nostri giorni. Un’ orchestra perfetta con un direttore simbiotico. Un’amalgama naturale e spontanea. Solisti come Vialli e Mancini in attacco, Lombardo scatenato cursore di fascia, Vierchowod insuperabile marcatore, il calcio. Milanesi rincorse per tutto il girone di andata, superate nel girone di ritorno. Il podio è blucerchiato.
Vujadin Boskov entra così di diritto nella lista dei tecnici scudettati, ma non solo. Maestro di calcio vero, amante di questo sport ma della vita in generale. Mai un muso duro, mai malumori, mai una polemica. Di celebre al nostro calcio non ha lasciato solo la sua esperienza, la sua immagine ed il suo ricordo, ma anche una serie di indimenticabili espressioni:
“Se vinciamo siamo vincitori, se perdiamo siamo perditori”;
“Non serve essere 15 in squadra se tutti in propria area”;
“Un grande giocatore vede autostrade dove altri solo sentieri”;
Ma la più nota resta quella sciorinata laddove altri cercavano la polemica: “rigore è quando arbitro fischia”. Sintesi della unicità del personaggio.
Ci mancherai Vujadin, questa volta il fischio divino non lascia spazio a polemiche ma solo a tanto dolore.