Quella di sabato sera tra Napoli e Milan, sarà una sfida molto particolare per Carlo Ancelotti, attuale allenatore della squadra azzurra.
Il tecnico di Reggiolo ha, infatti, disputato le ultime stagioni della sua carriera da calciatore in maglia rossonera: dal 1987 al 1992, vincendo due scudetti, una Supercoppa Italiana, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali e altrettante edizioni della Supercoppa UEFA.
E il Milan si ripresenterà sul suo cammino nel 2001, quando aveva già intrapreso la carriera da allenatore: all’epoca dei fatti, Ancelotti era in procinto di firmare con il Parma ma una telefonata di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani lo convinse ad accettare la panchina rossonera, orfana dell’esonerato Fatih Terim. Con buona pace di Calisto Tanzi, all’epoca presidente del club ducale.
Chiuderà la stagione al quarto posto, ottenendo l’accesso alla successiva edizione della Champions League. Edizione che il Milan vincerà, all’Old Trafford, contro la Juventus, al termine di una gara tiratissima decisa da Andriy Shevchenko alla lotteria dei rigori. Il club meneghino, in quella stagione, vincerà anche la Coppa Italia.
L’anno seguente vince il suo primo ed unico Scudetto da allenatore del Milan, al termine di un lungo testa a testa con la Roma, ma la squadra subisce una clamorosa rimonta ai quarti di finale di Champions League, ad opera del Deportivo La Coruña: dopo il 4-1 rossonero a San Siro, i galiziani si impongono per 4-0 al Riazor.
Nella successiva Champions League, arriva un’altra clamorosa rimonta, questa volta in finale: ad Istanbul, il Milan è avanti 3-0 contro il Liverpool all’intervallo, ma, nella ripresa, gli inglesi, in soli sei minuti, riescono ad acciuffare il pareggio, aggiudicandosi la coppa ai rigori.
Ma la rivincita arriva due anni più tardi, allo stadio Olimpico di Atene: Filippo Inzaghi, con una doppietta, stende i Reds di Rafa Benitez, e regala al Milan il settimo trionfo nella massima competizione europea. L’ultimo trofeo arriva nel dicembre 2007, in occasione della finale del Mondiale per club vinta contro gli argentini del Boca Juniors.
Al termine della stagione 2008/2009, il rapporto tra il Milan ed Ancelotti si interrompe e quest’ultimo inizia a girare l’Europa, facendo ciò che gli riesce meglio: vincere. Ma la squadra rossonera avrà sempre un posto privilegiato nel suo cuore, per le emozioni, i trionfi, il rapporto con la squadra e con la dirigenza.
“Il Milan è la mia famiglia“ disse nella telefonata a Tanzi, con cui gli annunciò di aver firmato con il club di Berlusconi. E fu proprio il clima famigliare che ha spinto Ancelotti a sedere per otto anni sulla panchina rossonera, andando in controtendenza con la sua stessa idea.
“Il ciclo naturale di un coach in un club dura tre anni, come dimostrato ad esempio da Pep Guardiola e Bela Guttman, leggendario allenatore ungherese, e dalle mie stesse esperienze. A volte, però, tecnici, giocatori e impiegati trovano una seconda casa. Valeriy Lobanovsky alla Dinamo Kiev, Sir Alex Ferguson al Manchester United, Arsene Wenger all’Arsenal, io al Milan: in questi casi il rapporto può durare ben più di tre anni”. Così scriveva, lo stesso Ancelotti, nel suo ultimo libro “Il leader calmo“, a testimonianza dell’importanza avuta dal Milan nella sua vita e nella sua, eccezionale, carriera.
E sabato ritroverà due dei più importanti membri della sua vecchia famiglia, due dei maggiori protagonisti dei suoi successi in rossonero: Paolo Maldini, capitano di quella leggendaria squadra che dominava in Europa, ora divenuto dirigente, e Rino Gattuso, che dopo aver ringhiato per anni nel suo centrocampo, ha seguito le orme del suo maestro, diventando a sua volta allenatore. Ma ora Ancelotti è il tecnico del Napoli e, dopo il successo ottenuto all’Olimpico contro la Lazio, dovrà battere il suo vecchio ed infinito amore.